baleneGRANDE MORÌA DEL CETO MEDIO

SPIAGGIATO A CALA TREMONTI

Alcuni esemplari soffocati sulla spiaggia dopo aver ingerito un mutuo a tasso variabile – Situazione insostenibile: un cucciolo di ceto medio consuma come un capodoglio e vive con contrattini di tre mesi – Gli etologi: “L’unica soluzione è mangiare gli squali come quelli della riserva di Arcore”.

Alessandro Robecchi

La scena che si è presentata agli occhi dei primi soccorritori era terribile, un disastro ecologico spaventoso. Nel magnifico scenario di Cala Tremonti, l’immagine del ceto medio italiano spiaggiato, ansimante, incapace di muoversi, aveva tutte le caratteristiche dell’apocalisse. Da quando l’Istat ha dato la notizia a quando sono arrivati i primi soccorsi sono passate poche ore, ma chi è accorso sul posto si è subito reso conto del disastro. “Una scena spaventosa – dice un volontario – ho visto impiegati di banca fare la coda alla Caritas, dirigenti riconsegnare le chiavi dell’Audi, commercianti ingerire sessanta pagine di documentazione per il mutuo”.

“A uno – dice il coordinatore dei soccorsi – abbiamo pagato due fatture arretrate, e ha lentamente ripreso colore dirigendosi al largo, ma per la maggior parte di loro non c’è niente da fare, sarà un’agonia lunghissima”. Il ceto medio italiano popola massicciamente i mari della Penisola dagli anni Ottanta. In un primo periodo ha prosperato grazie alla sua posizione preminente nella catena alimentare: erano gli anni di un altro gigantesco disastro ecologico, quando sulle spiagge italiane, specie a Cala Bettino, si spiaggiavano gli operai. Poi, lentamente, le condizioni ambientali, si fecero difficili anche per il ceto medio, a causa della crisi economica e dell’oneroso mantenimento dei cuccioli tenuti in situazione di precariato. Il ceto medio italiano è l’unica specie marina costretta ad accudire i figli fino all’età di quarant’anni.

Ora, la grande sorpresa: secondo l’Istat un ceto medio su quattro torna ad essere sardina, gli altri si barcamenano mangiando alghe e riducendo i consumi, come i soggiorni fuori dalle barriere coralline. Dice un vecchio pescatore dell’Agenzia delle Entrate indicando il golfo al largo di Cala Tremonti: “Vedete, una volta qui era tutto ceto medio, e ora la baia è popolata soltanto da banchi di cocopro, troppo piccoli per essere pescati”. Secondo gli osservatori, qualche speranza c’è ancora, come spiega un famoso etologo. “Il ceto medio italiano – dice – non ha altra soluzione che cominciare a magiare gli squali, l’unica specie che ha prosperato negli ultimi anni. Si tratterebbe di un’inversione delle sue abitudini perché ceto medio e squali sono sempre andati d’accordo, ma è l’unica via percorribile. Il problema è come portare la caccia nelle riserve protette di Arcore, di Confindustria, di Villa Certosa.

Ma la natura è potente e troverà presto le soluzioni”. Anche in modo imprevedibile, magari addirittura partendo da una città senza mare, Milano.

Dal Misfatto, Il Fatto quotidiano, 29 maggio 2011

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