La giornata in Sardegna e all’ultimo momento il volo di rientro a Milano per votare. E, una volta al seggio, Silvio Berlusconi ha scelto di non dire una parola e non ha rilasciato (come ha sempre fatto) battute ai giornalisti, rispondendo solo: “Silenzio stampa com’è logico che sia”. Al suo arrivo in via Scrosati il premier è stato accolto da qualche decina di persone, tra applausi dei fan e qualche fischio. E le contestazioni (al grido di “buffone”) sono riprese all’uscita dal seggio della scuola Dante Alighieri.

Questa volta, dunque, il Cavaliere sceglie di non mostrarsi a fotografi e telecamere all’apertura dei seggi al mattino. Un’immagine che ha sempre considerato necessaria, utile a spronare gli indecisi, a mostrare un gesto da imitare. Stavolta no. Ed è l’ennesima conferma di quanto ormai lo stesso presidente del Consiglio consideri persa la partita meneghina. Anche su Napoli non è ottimista. Così, quando Berlusconi rientrerà da Bucarest, illusterà l’exit strategy ulteriormente elaborata nei due giorni di silenzio trascorsi a villa La Certosa. Il capro espiatorio ormai è stato individuato nel partito. In quel Pdl frammentato, ormai perso in mille rivoli, con i generali di ieri già con il piede pronto a saltar giù dal carro.

Tanto che la proposta avanzata da Franco Frattini di dar vita a un direttorio trova d’accordo molti. Ed è Ignazio La Russa a intervenire per fermare la sequenza di dichiarazioni ed evitare di mostrare in modo troppo evidente i problemi interni. Almeno non a urne aperte. “E’ giusto aprire una riflessione ma l’importante è andare tutti nella stessa direzione”, sentenzia La Russa. Quella di Frattini è accolta come una proposta “corretta nell’orientamento”, ovvero quello di rilanciare il Pdl. “Un organismo operativo ci può anche stare e ci sta”, osserva il ministro della Difesa che rimanda comunque ogni approfondimento a dopo il voto dei ballottaggi. “Credo che se ne discuterà dopo le elezioni. Quello che dice Frattini lo capisco, ma non sono d’accordo sul fare dei nomi o accreditare dei contrasti che non esistono”. Ma certo “ci vuole una maggiore coesione, una necessità di remare tutti nella stessa direzione e forse di un organismo intermedio, come dice Frattini, tra Berlusconi e il coordinamento”.

Frattini però sostiene anche che il triumvirato, di cui La Russa fa parte, non basta più. “Non dobbiamo frammentarci sui nomi o sulle soluzioni – ribadisce il ministro della Difesa -. Ripeto: l’importante è andare uniti nella stessa direzione”. E rimanda tutto al prossimo congresso del Pdl. Sempre che il partito ancora ci sia, perché l’intenzione del premier è proprio quella di crearne uno totalmente nuovo, azzerando così nomi e cognomi e ruoli. E il premier sa che può farlo perché, come Forza Italia prima, anche il Pdl è del “padrone”. Nessuno può andare dal presidente a dirgli “Caro Silvio abbiamo perso le amministrative ora dimettiti”. Una conseguenza scontata nella vecchia Democrazia Cristiana e ancora oggi possibile nel Pd. Non ad Arcore. Quindi per quanto Milano e Napoli possano finire nelle mani di “comunisti” e “magistrati”, Berlusconi tenterà di rimanere in sella. Del resto l’invito a “vincere a Milano per rafforzare il governo centrale” lanciato e ripetuto più volte in vista del primo turno, dopo la scoppola registrata da Letizia Moratti al primo turno, è stato derubricato a un bofonchiato “qualunque risultato non avrà conseguenze sul governo centrale”. Un epitaffio al centrodestra di Milano e Napoli che hanno percepito chiaramente come ormai il premier non ci speri neanche più.

I sondaggi continuano a girare nelle stanze di Palazzo Grazioli. E per quanto clandestini, danno tutti il capoluogo lombardo ormai in mano al ladro d’auto Giuliano Pisapia, mentre Napoli è una partita apparentemente aperta ma nella quale Luigi De Magistris gioca in vantaggio. Nei seggi delle due città il clima è molto diverso. Pisapia viene accolto tra gli applausi, stringe mani, saluta visibilmente emozionato. Moratti sfila col marito e annuncia che andrà in chiesa dopo aver votato ma appare tesa e non raccoglie strette di mano. Poi a fine pomeriggio in piazza del Duomo, in occasione della festa di chiusura del Giro d’Italia, Massimo Boldi dal palco chiede un applauso per il sindaco uscente. Ma viene sommerso dai fischi.

A Napoli, invece, va in scena un piccolo giallo. Un breve “incidente” in un seggio elettorale. Nella tarda mattinata, il candidato sindaco del Pdl Gianni Lettieri, che era nel quartiere in cui abitava in passato, ha varcato il portone della scuola “Paolo Borsellino”. Ufficialmente per chiedere notizie sull’affluenza. Ma una persona, probabilmente uno scrutatore, gli avrebbe fatto notare che la visita non era consentita. E quindi Lettieri si è allontanato dicendo: “Non sapevo che fosse vietato”. Per il candidato del Pdl, si sarebbe trattato quindi di un equivoco. Non risulta che ci sia stata una segnalazione alle forze dell’ordine. Nessuna segnalazione nemmeno per un altro episodio che in giornata ha coinvolto indirettamente l’altro candidato dell’Idv Luigi De Magistris: un’anziana elettrice sarebbe stata avvicinata in un seggio da un rappresentante di lista e invitata ad esprimere il suo voto all’ex pm. Forse semplici scaramucce, che però indicano il livello di tensione che stanno accompagnando queste elezioni. Sicuramente impercettibile da villa La Certosa.

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