Mentre Bruxelles si attesta sempre di più come il vero centro decisionale europeo, l’Italia è senza ministro alle Politiche comunitarie da ben sei mesi. Libia, nucleare, immigrazione. Le ultime grandi crisi interne ed internazionali hanno visto l’Unione europea giocare un ruolo da protagonista: i suoi commissari sono stati definitivamente elevati al rango di super ministri. Ma in Italia da mesi non c’è nessuno a fare da collante tra Bruxelles e Roma.

Se n’è accorto Franco Frattini che, nell’ultimo Consiglio affari esteri a Bruxelles, si è auto candidato come successore di Andrea Ronchi, ministro dimissionario il 15 novembre scorso dopo l’adesione a Fli e l’uscita dal governo. Da allora il ministero alle Politiche comunitarie è rimasto vacante, tant’è che qualche settimana fa si è fatto addirittura il nome di Claudio Scajola, di ritorno dal suo esilio nella natìa Imperia dopo lo scandalo del ‘mezzanino’ con vista sul Colosseo.

“A me farebbe molto piacere”, ha confessato Frattini, già ex commissario Ue a Giustizia, libertà e sicurezza dal 2004 al 2008. Intanto Rocco Buttiglione, che non riuscì a diventare commissario per le sue affermazioni intolleranti nei confronti degli omosessuali, ammette: “Questo ministero è vacante ormai da troppo tempo. Si tratta di un posto sottovalutato, diventato ormai uno snodo cruciale per l’Italia, dato che molte cose importanti si decidono a Bruxelles”.

Adesso bisognerà vedere cosa deciderà di fare Silvio Berlusconi visto che la poltrona di ministro alle Politiche europee fa gola a molti. Certo Frattini parte con un vantaggio, ovvero sa l’inglese. Cosa non scontata a Bruxelles, dove purtroppo l’Italia sta perdendo peso anno dopo anno. “L’Italia oggi ha più funzionari europei di Gran Bretagna e Francia, al livello della Germania”, ha dichiarato Frattini qualche giorno fa. Meno male che non ha contato i posti top level, dove gli italiani sono ormai in via d’estinzione. Si pensi ai presidenti del gruppi politici al Parlamento (quasi tutti tedeschi), ai portafogli più importanti della Commissione europea (all’Energia un tedesco, al Mercato interno un francese, alla Concorrenza uno spagnolo, all’Alto rappresentante della politica estera Ue l’inglese Catherine Ashton, in una posizione che aveva fatto gola pure a Massimo D’Alema) e alle ultime nomine dei 29 capi delegazioni Ue all’estero decise lo scorso settembre: l’Italia ha dovuto accontentarsi di Albania e Uganda, mentre i tedeschi preso la Cina, gli austriaci il Giappone, e gli olandesi il Sud Africa.

Certo gli italiani di per sé non hanno responsabilità, visto il nutrito numero di chi lavora nelle istituzioni. Ragazzi e ragazze iper qualificati che hanno passato un pubblico concorso molto difficile. Ma allora qual è il problema? Secondo Niccolò Rinaldi, capo delegazione Idv al Parlamento europeo con un passato di 10 anni come Segretario generale aggiunto ed esperienze in Commissione e all’Onu, “la posizione di un italiano che lavora nelle istituzioni internazionali è molto difficile. Fa male vedere la quantità di occasioni perse dal nostro Paese. Oggi anche la Polonia sa far valere i propri interessi meglio di noi”. Secondo Rinaldi si tratta di un “complesso culturale d’inferiorità” che fa sì che “l’Italia ne esca penalizzata proprio in quei settori che dovremmo difendere”, senza pensare agli “ingenti finanziamenti che potrebbero arrivare nel nostro Paese e che invece perdiamo”. Uno dei problemi principali sembra proprio “la scarsa capacità di fare squadra” soprattutto tra Bruxelles e Roma e “la mancata scelta delle persone giuste nei posti giusti: troppo spesso si viene reclutati sulla base di conoscenze personali, semi clientelari o di fedeltà di apparato e non su criteri meritocratici”.

Adesso sarà interessante vedere con che criteri verrà reclutato il nuovo ministro alle Politiche europee, visto che fonti governative ne hanno annunciato l’imminente nomina. Intanto, proprio questa settimana, è stato celebrato il 25esimo anniversario della morte di Altiero Spinelli, padre fondatore dell’Unione europea, a cui è dedicato l’edificio principale del Parlamento europeo. Ma quelli erano altri tempi.

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