L’approvazione del progetto Hydroaisèn di 5 grandi dighe nella Patagonia da parte della Commissione Regionale di Valutazione Ambientale (commissione che dipende dal governo) ha scatenato una massiccia ondata di proteste in tutto il Cile, coordinate dal movimento Patagonia sin Represas (Patagonia senza dighe). La sera di venerdì 20 maggio per la terza volta nel giro di pochi giorni si è manifestato a Santiago del Cile e almeno 40mila persone sono scese in piazza.

Il progetto Hidroaysèn è particolarmente impegnativo perché non solo comporta la manipolazione di alcune zone di una delle più vaste aree incontaminate del mondo, ma anche la costruzione di un elettrodotto di oltre duemila chilometri per portare l’energia dal Sud alla zona centrale attorno alla capitale. L’italiana Enel ha un ruolo da protagonista nella vicenda perché in condivisione con un socio locale possiede – letteralmente – l’acqua dei fiumi privatizzati da Pinochet che li aveva praticamente regalati alla spagnola Endesa poi acquisita da Enel.

Recenti sondaggi confermano che la maggioranza dell’opinione pubblica, sia nella regione di Aysèn che a livello nazionale è contraria al mega progetto. A sostegno di Hydroaisèn c’è però l’argomentazione dell’autosufficienza energetica del Cile. Con le grandi dighe e con il lunghissimo elettrodotto – dicono i sostenitori, tra i quali quasi tutta la attuale coalizione di centrodestra che governa col Presidente Pinera – il Cile potrebbe fare a meno del precario gas argentino. Gli oppositori replicano che le necessità energetiche del Cile vengono sovrastimate, e che vi si potrebbe fare fronte con impianti leggeri e locali, e col solare nel grande deserto di Atacama dove si trovano le miniere di rame. In questo sito www.patagoniasinrepresas.cl potete trovare un’ampia documentazione sulla lotta contro le dighe e le sue motivazioni.

L’opposizione al progetto ha tra i suoi protagonisti il vescovo italo-cileno Luis Infanti de la Mora, che nei giorni scorsi è finalmente riuscito a far prendere una posizione ufficiale alla Conferenza Episcopale Cilena che si è pronunciata a favore dell’acqua come bene comune, del rispetto dell’ambiente e dell’ascolto delle istanze della gente. La tensione con la Chiesa Cattolica è aumentata dopo che la polizia ha fatto irruzione nella Cattedrale di Coyhaique la sera di venerdì 13 maggio, inseguendo e malmenando giovani manifestanti che vi si erano rifugiati.

Meno critiche ha suscitato l’intervento con i gas lacrimogeni della polizia nella capitale Santiago contro un gruppo ultra-radicale di incappucciati che ha innalzato barricate e provocato i poliziotti nelle strade accanto al palazzo presidenziale de La Moneda. I promotori della marcia hanno condannato le violenze. Sui lacrimogeni, intanto, c’è stata una inedita e quasi comica vicenda in questi giorni. Il ministro degli Interni aveva comunicato di sospenderne l’uso perché si era sparsa la voce che potessero avere conseguenze collaterali, in particolare far abortire donne incinte. Dopo tre giorni il ministro ha revocato la sospensione, dichiarando che le analisi dei gas lacrimogeni avevano rassicurato sulle loro conseguenze.

Alle 12 di sabato 21 maggio erano in svolgimento decine di manifestazioni in tutto il Cile per chiedere al governo di non concedere l’autorizzazione al progetto. A Santiago hanno suonato gli storici Inti Illimani, complesso espressione del Cile di Allende dei primi anni 70.

Se al ballottaggio del gennaio 2010 avesse vinto Frei probabilmente il governo della Concertacion (centro-sinistra moderato) avrebbe ugualmente approvato il progetto. Ora comunque molti socialisti e democristiani partecipano alle manifestazioni contro Hydroaisèn, sull’onda del movimento. Il senatore progressista Guido Girardi (lontane origini italiane) – attuale presidente del Senato – andrà nei prossimi giorni a Roma per tentare di convincere Enel a fare marcia indietro sul progetto.

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