Roberto Morrione, giornalista e compagno. Giornalista perché serviva onestamente il suo pubblico, dandogli le notizie. “Compagno” perché era della vecchia Italia povera e popolare. In Rai (aveva cominciato con Enzo Biagi) fu l’unico a dare l’intervista di Borsellino su Berlusconi, e a darla subito, mentre gli altri ancora si chiedevano se fosse compatibile, dare una tale intervista, con la carriera. Professionista fino alla fine, soprattutto alla fine. Quando finì con la Rai non perse tempo con salotti tv e nostalgie ma si buttò a fondare un nuovo giornale: Libera informazione, il giornale di Libera, non su carta naturalmente, ma sulla Rete.

Lo riempì di ragazzi, alla Giuseppe Fava. Molti venivano dal Rita Express, il movimento nord-sud che rinnovò l’antimafia (e la politica) a metà del decennio; nessuno ebbe la lucidità di prenderlo sul serio, oltre lui. Ne fu maestro fedele e rigoroso, senza demagogie. Ne fece una redazione agguerrita e aggressiva, pronta a fiondarsi appertutto, su ogni verità da raccontare.

Tutti gli uomini muoiono, prima o poi, è la nostra vita. Alcuni, vip e notabili, lasciano poco e niente: cerimonie e rumori. Altri, che credevano in altro, lasciano cose fatte, affetti, esseri umani e buon lavoro da continuare. Roberto continua così, nei giovani che lo seguirono, e che sono nostri colleghi. Hai fatto bene ad aver fiducia in loro. Il lavoro sarà continuato.

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