La destra italiana comunica meglio della sinistra sui mezzi tradizionali da quando Berlusconi è salito al potere. Esiste una scientificità che il Capo ha imparato nel marketing e ha portato al potere. Sondaggi, dispaccio giornaliero con le frasi da dire e quelle da evitare, mesi di lavoro per orientare l’opinione pubblica. È un metodo che la comunicazione politica ha imparato a maneggiare in tutto il mondo. Ciò che accade in Italia non è troppo diverso dal resto del mondo, solo che in Italia siamo convinti che sia solo “colpa” di Berlusconi e dunque a sinistra c’è sempre stata una (sub-)alternità quasi psicoanalitica sull’argomento per cui, pur di essere diversi da lui, bisognava comunicare in modo a-scientifico.

Fateci caso: quando i leader politici di destra vanno in tv, dicono sempre le stesse cose. Imparano tre o quattro slogan per periodo e li ribadiscono utilizzando tono e anche codici di comunicazione non verbale perfettamente identici tra loro. Come nelle pubblicità di prodotti commerciali. I dirigenti di sinistra, invece, appaiono generalmente più preparati dal punto di vista politico ma ognuno di loro va per i fatti suoi: parole chiave, priorità, stile, posizionamento sono una questione assolutamente individuale e soggettiva. E in più non esiste alcun criterio meritocratico nella selezione di chi deve andare in tv a rappresentare milioni e milioni di italiani.

Proprio per queste ragioni, devo ammettere che sto assistendo alla campagna elettorale di Milano con stupore, sbigottimento e tanta fiducia. Perché per la prima volta nel recente passato le posizioni si sono perfettamente ribaltate.

A sinistra c’è una sola linea: tutti con Pisapia, il borghese di sinistra, il politico inclusivo che non ha rinunciato ai suoi valori, l’anti-divo che piace a tutti, il portavoce del cambiamento. Non importa che tu sia di Milano o di Trapani, del Pd o di Sel, di sinistra o di destra, giovane o vecchio: si sta con Pisapia, punto e basta.

A destra invece abbiamo ogni giorno una campagna elettorale diversa. Ne avremo viste almeno cento negli ultimi due mesi: Moratti contro Lassini; Lassini contro i magistrati; Berlusconi prima con Lassini, poi con Moratti (ma sempre contro i magistrati); Santanchè e Sallusti con Lassini e contro Moratti; Gasparri contro Moratti; Bossi contro Berlusconi; Salvini contro Lassini, La Russa con Lassini e con Moratti, Sallusti contro Cl; Formigoni contro Moratti e contro Lassini, Cl equidistante da tutti ma certamente contro Lassini e Sallusti; Castelli e Salvini (oggi) contro Bossi; Lupi con Berlusconi e contro Moratti, contro Lassini e con Moratti. Bossi contro Moratti prima del primo turno e con Moratti adesso. Berlusconi con Moratti prima del primo turno e muto adesso.

A questo ovviamente bisogna aggiungere le valutazioni di ognuno su Pisapia, diverse da un giorno all’altro come già raccontato su queste pagine da Elena Rosselli.

Ieri la ciliegina sulla torta è stata consegnata proprio su Ilfattoquotidiano.it da Gabriele Albertini, il principale sponsor della Moratti per questo ballottaggio per volontà di Berlusconi (che da lunedì pomeriggio è chiuso in un irreale mutismo). L’ex sindaco di Milano, da solo, è stato prima con Moratti, poi contro il Pdl, poi contro Moratti, poi non è andato in Fli ed è rimasto al Pdl rimanendo comunque freddo verso la sua erede. Oggi è con Moratti, contro il Pdl pur rimanendoci dentro, ma è anche contro Moratti per la sua gestione e per certi versi è con Pisapia che è un rispettabile borghese moderato.

C’è però una cosa su cui tutti sono concordi: la Moratti non è percepita come un buon candidato nel centro-destra, da tutti indistintamente. Le 100 campagne elettorali di Milano lo dimostrano. E la comunicazione senza coerenza, senza immagine coordinata, senza credibilità (come possono chiedere il voto per un candidato che non stimano?) non funziona. Berlusconi insegna.

Articolo Precedente

Maran, storia di un giovane in politica

next
Articolo Successivo

Berlusconi: “Turbato da bandiere rosse,
non consegneremo Milano agli estremisti”

next