Il mondo della scuola è, ancora una volta, in subbuglio. Questa volta al centro del mirino di proteste e contestazioni, da parte di genitori e insegnanti, non ci sono i famigerati tagli orizzontali di Tremonti, la cronica carenza di materiale didattico e non (basta riguardarsi le inchieste di Presa diretta per farsi un’idea della tragicità della situazione), l’impossibilità di pagare i supplenti per mancanza di fondi, il taglio all’organico dei bidelli con una drastica riduzione della vigilanza interna, le classi sempre più numerose, gli edifici mai messi in sicurezza da rischi sismici, ecc. Al centro delle polemiche non c’è nemmeno la domanda, che sarebbe pur legittima, del senso invece dei pochi investimenti fatti sulla scuola (uno a caso: la famosa Lim, la magica Lavagna Interattiva Multimediale, con proiettore integrato e personal computer).

No, al centro delle recenti proteste c’è qualcos’altro. Il fulcro dell’ennesimo scontro tra il mondo della scuola e la ministra della Pubblica D-istruzione, questa volta sono i Test Invalsi (dove Invalsi è un acronimo che sta per Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione). I Test Invalsi, a quanto pare, sono diventati una delle punte di diamante nel grande progetto di riforma meritocratica della scuola pubblica fortemente voluto dal ministro e messo in opera coerentemente attraverso tagli indiscriminati alle risorse e al personale. Questi Test consistono in due prove a tempo, una di Italiano e una di Matematica. Il loro scopo dichiarato: quello di quantificare in modo più possibile oggettivo la qualità e l’efficacia dell’insegnamento/apprendimento nelle varie scuole italiane, onde decidere con lungimiranza verso quale di esse indirizzare dei premi in denaro. Ma qualcosa è andato storto, dato il coro di malumori, critiche e persino aperte diserzioni messe in atto da docenti e genitori dei tre ordini di scuola coinvolti (Primarie, Secondarie di Primo e Secondo Grado). Esemplare il caso della Scuola Primaria “Corrazza” di Parma, ove insegnanti e famiglie sono riuscite a boicottare parzialmente lo svolgimento del test. Ma voci di protesta si alzano da più parti.

Quali sono le accuse che si muovono a queste fantomatiche prove? Le accuse principali sono tre: voler valutare in modo scientifico un processo fluido e articolato come quello dell’insegnamento/apprendimento; introdurre un criterio classista in base al quale distinguere tra scuole di serie A e scuole di serie B (con le seconde sempre più in difficoltà); dirottare ulteriormente i pochi fondi disponibili alle scuole private che, anch’esse, hanno accesso alle prove Invalsi e quindi potranno beneficiare degli eventuali futuri incentivi economici. Ci sono poi altri problemi, legati alla tipologia stessa di un test a tempo. In una scuola che si dichiara aperta alla valorizzazione delle diversità e che ha appena introdotto nuove direttive didattiche per gli alunni D.S.A. (cioè afflitti da problemi di disgrafia, disortografia, dislessia e discalculia), non si capisce come la stessa prova possa essere somministrata con uguali modalità a qualsiasi tipologia di studente: extracomunitario, D.S.A., portatore di handicap, ecc. Un extracomunitario, per difficoltà linguistiche, potrebbe avere bisogno di più tempo. Così dicasi di un alunno D.S.A. che, forse, avrebbe bisogno proprio di un altro tipo di prova. Altrimenti, si rischia di discriminare e svantaggiare non solo gli alunni, ma anche le scuole in cui quegli alunni sono presenti a maggioranza, in quanto risulteranno per forza di cose scuole dove “si insegna male e si apprende peggio”, quando invece sono baluardi di civiltà e di democrazia che costruiscono ogni giorno la reale integrazione tra individualità, culture ed esperienze differenti. Questi, però, nella fantasmagorica scuola del merito, sono solo fastidiosi dettagli.

Per chi volesse approfondire consiglio l’ottima pagina Facebook Materiali di analisi contro le Prove Invalsi.

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