A pochi secondi dalla scadenza del tempo del dibattito, in zona Cesarini insomma. E’ qui che Letizia Moratti colpisce l’avversario. Ma lo fa sbagliando. Di più: prendendo un abbaglio grave. Anzi gravissimo. Che oltre a far infuriare il diretto interessato e tutto il Pd, indispettisce non solo Bossi (“Non lo avrei fatto”), ma anche Berlusconi. Perché, fatta la frittata, sono le parole del premier, adesso tocca andare avanti perseguendo l’immagine da estremista di Pisapia. Nel frattempo quella verità antica, cristallizzata nel 1987, anno della sentenza di primo grado emerge oggi in tutta al sua chiarezza. Grande merito di aver rimodulato i fatti nel giusto ordine a Luigi Ferrarella prima firma del Corriere della sera.

Prima questione. L’amnistia intervenuta come una non assoluzione richiamata dal sindaco Moratti è un falso. Tanto che nella stessa motivazione della sentenza di primo grado i giudici scrivono che se non fosse intervenuta l’amnistia, Pisapia doveva essere assolto comunque per “insufficienza di prove”.

La storia, racconta Ferrarella, inizia nel settembre del 1978. Il 19 esattamente. Qui i terroristi di Prima linea Massimiliano Barbieri, Roberto Sandalo e Marco Donat Catin rubano un furgone Fiat. Il progetto, svelato due anni dopo da Sandalo, è quello di rapire William Sisti capo del servizio d’ordine del Movimento lavoratori per il socialismo”. In sostanza, raccontano Sandalo e Donat Catin, Sisti è accusato di pestaggi nei confronti di alcuni compagni. Accuse che arrivano dal Collettivo studentesco della libreria di via Decembrio di cui fanno parte Massimiliano Trolli e il cugino, Giuliano Pisapia. La scena poi si sposta in un elegante appartamento del centro di Milano. Qui vivono Pisapia e Trolli. Qui, a dire dei pentiti, si svolgono riunioni operative per rapire Sisti. I pentiti con l’andare della collaborazione mostrano versioni diverse nel collocare la presenza di Pisapia in quella casa.

Ecco allora un prima parziale conclusione: nel 1980 Pisapia viene arrestato con l’accusa di partecipazione a banda armata e concorso morale nel furto del furgone. Gli toccano quattro mesi di carcere. Dopodiché, ancora prima del processo, cade l’accusa di banda armata. Resta quella del furto che però viene cancellata dall’amnistia. Ma, ricordiamolo, se così non fosse stato, sarebbe intervenuta lo stesso l’assoluzione perché richiesta dai giudici.

Che succede a questo punto? Pisapia potrebbe incassare e andare avanti. Invece, rinuncia all’amnistia e ricorre in appello. Si arriva così all’ennesimo giudizio. Per la terza Corte d’Assise d’Appello “non vi è prova, né vi sono apprezzabili indizi, di una partecipazione di Pisapia al furto, sia pure sotto il profilo di un concorso morale: va pertanto assolto per non aver commesso il fatto”. In realtà ancora non è finita. Perché se l’accusa non impugna l’assoluzione, lo fa la Cassazione, ma per questioni formali. C’è stato un errore nella composizione del collegio. La conclusione definitiva la si legge nelle carte dell’Appello bis: non bisogna procedere perché non può nemmeno essere perseguita l’azione penale

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