La bicicletta. Che bella. In uno dei momenti più tragici della mia esistenza ogni fine settimana andavo via con quelli del Montesole Baic Grup, degli eroi dei nostri tempi, paladini dello svago uichendiero impiegatizio. Con loro ho fatto dei giri bellissimi, ogni pedalata era un’avventura. E poi avevano delle mappe, ci facevano scoprire sentieri nascosti a due passi da Bologna e anche a quattro. A volte si organizzavano viaggi con il pullman e ci si allontanava, addirittura fuori regione. Le vacanze con loro non le ho mai fatte, ma sgambatine tipo le tre cime di lavaredo un giorno e l’imalaia il giorno dopo erano all’ordine dell’estate.

Adesso in bici ci vado poco. Da bravo bolognese mi sposto con lo scuter, così faccio prima. La bici la uso per fare dei giretti con i cinni, così tonifico la gamba e loro si divertono come mi divertivo io quando ero come loro. Che bello era pedalare, passare dal triciclo alle rotelline e infine alla bicicletta vera, come quella degli adulti. Primo passo verso una effimera autonomia, ma pur sempre una tappa fondamentale per ogni cinno che vuole crescere.
Che belli i giri in cortile, intorno all’isolato, poi un po’ più in là fino ai Giardini Margherita e sui colli e a Sasso Marconi passando da parco Talon, costeggiando e guadando il fiume Reno gomito a gomito con i topi. E che dire dell’antico sentiero dei bregoli che collega Casalecchio con il colle della Guardia, che è poi dov’è la Basilica di San Luca.

Bella la bicicicletta. Bella Bologna in bici, anche se l’aria fa schifo, anche se sulle piste ciclabili ci camminano le persone, anche se tutte le volte che pedali per strada rischi la vita come del resto molti umarells di tutte le età la perdono per abuso di fiducia nel prossimo.
“Qui una volta era tutta campagna” dicono.
“Si, una volta” rispondo.
Adesso anche qui è diventato come cantava Adriano Celentano nel Ragazzo della Via Gluc, inoltre sono arrivate nuovi usi e costumi pedalatori.
In primis, gli studenti fuorisede, quelli che usano la bici più di tutti (i bolognesi come ho detto prima vanno in scuter o in auto con un pass da invalido di un parente) li vedi sfrecciare sotto ai portici o sui marciapiedi e gli umarells li mandano a fanculo che è una meraviglia.
Provare per credere, io l’ho fatto stamattina in Via Petroni dove slalomando tra una carcassa di pittbull, una stracciata, tre siringhe, sei pisciate, un tossico, due cacche di cane, una cacca di uomo e alcuni strituaisers sono stato mandato a fanculo da un umarell sulla cinquantina che mi ha detto “Azidant a tè. Saimper cal biziclatt què”.
A questo traffico nazionale si aggiungono i nuovi pedalatori indiani che, come ben sapete, guidano al contrario come gli inglesi e sono più difficilmente evitabili, ma più facilmente fanculabili. E ridono.
Interessante la pedalata dell’est, vigorosa, energica, veloce, incurante di tutto e tutti.

L’altro giorno stavo uscendo dal cortile e appena il muso della mia auto si è affacciato sul marciapiede, un rumeno mi è sfrombolato sul cofano e ha fatto un volo sul tetto del mio veicolo sfracellandosi per terra.
Rumore di lamiere. Segue un attimo di silenzio. Scendo dall’auto. Lui scende dal tettuccio. Si pulisce, mi guarda e mi fa “Scusa”. Poi è ripartito a scheggia, come se niente fosse verso il ponte di Via Libia dove spesso, non a caso, si possono trovare biciclette verniciate di bianco che stanno a ricordare i morti sulle due ruote che ogni anno a Bologna sono tantissimi, come tantissime sono le bici abbandonate e quelle rubate (riacquistabili in Piazza Verdi).
La bici, una protagonista della Bologna a misura d’uomo che tanto ci piace.  Buona pedalata a tutti.

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