“Faremo ciò che potremo, ma non possiamo fare tutto allo stesso tempo”. Troppo impegnate in Libia, le forze internazionali per il momento scelgono in Siria la strada della diplomazia. Dopo l’ammissione del ministro della Difesa britannico, Liam Fox, arrivano pian piano le inziative di diversi Paesi e istituzioni per fermare il massacro dei manifestanti siriani anti-regime da parte delle forze di sicurezza di Damasco. In cima alla lista degli Usa, che propone sanzioni contro le autorità siriane, ci sarebbe Maher al Assad, fratello del presidente e capo delle guardie presidenziali. Lo stesso che ha autorizzato l‘invio di carri armati a Daraa e i conseguenti scontri che hanno causato decine di vittime civili. All’idea degli Stati Uniti si uniscono Olanda e Belgio, che chiedono sanzioni – in particolare il congelamento dei beni e il blocco dei visti – contro il regime perché, spiega il ministro degli Esteri belga, Steven Vanackere, “quando un regime spara sulla popolazione si raggiunge un punto di non ritorno”. Senza contare, aggiunge Vanackere, che la Siria potrebbe anche perdere il suo seggio all’Onu nel consiglio per i diritti umani. Sono d’accordo 233 appartenenti al partito Baath, al potere in Siria, che oggi si sono dimessi per protestare contro le “pratiche dei servizi di sicurezza”. In serata però, è arrivata la fumata nera dell’Onu: nessun accordo raggiunto su una dichiarazione di condanna.

Il Consiglio per i diritti umani si riunirà venerdì in una sessione speciale proprio per analizzare la questione siriana. Una riunione straordinaria richiesta dagli Usa e appoggiata da almeno un terzo degli stati membri, come necessario per convocare il Consiglio. Tra questi, però, non ci sarebbe nessuno stato arabo. Anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Kimoon, ha intanto chiesto l’apertura di un’indagine «trasparente e credibile» sulla repressione in Siria dei manifestanti pro-democrazia. E sempre sul fronte diplomatico si muovono gli Stati europei, con i governi di Italia, Francia, Spagna, Germania e Gran Bretagna che hanno annunciato la convocazione coordinata degli ambasciatori della Siria accreditati nei rispettivi Paesi.

Gli scontri proseguono intanto nel Paese. Una trentina di carri armati sono stati avvistati sul raccordo anulare di Damasco. Secondo i testimoni, sarebbero diretti a Daraa, dove cinque persone, tra cui una bambina di sei anni, sono state uccise nella notte dal fuoco dei cecchini. Lo riferiscono diverse organizzazioni non governative, secondo cui “i funerali non si svolgeranno perché il cimitero è occupato dalle forze di sicurezza”. Sempre a Daraa, la città epicentro deegli scontri, e a Jabla, le autorità siriane riferiscono infine di aver arrestato due diverse «cellule terroriste estremiste». Come quella responsabile, secondo le autorità di Damasco, dell’uccisione di tre soldati siriani e del ferimento di altri 15 tra militari e agenti delle forze di sicurezza appostati su una strada in direzione delle Alture occupate del Golan.

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