Ci ha provato anche quest’anno l’avvocato Gianpiero Samorì a conquistarsi un posto nel Consiglio di amministrazione della modenese Banca Popolare dell’Emilia Romagna, ma ancora una volta il tentativo è andato evaso. Samorì conquista solo i voti di scarto dei soci (senta diritto di entrare nel consiglio), la maggioranza dei quali va alla Lista n. 1, quella della continuità della gestione bancaria, capeggiata da Piero Ferrari, figlio del vecchio patron della Casa del Cavallino Rampante di Maranello. L’assemblea dei soci, chiamata ad approvare il bilancio ed eleggere i sei consiglieri di amministrazione, ha conosciuto momento di tensione notevoli, dove non sono mancate colluttazioni fisiche e pesanti accuse e contro-accuse tra i duellanti: l’attuale management da una parte, il cui presidente Ettore Caselli ha annunciato pubblicamente che prenderà “in tutte le sedi opportune i provvedimenti di quello che si è rivelata una degenerazione del diritto di critica; l’avvocato Samorì dall’altra, che sferza accuse di illegittimità e di “reato – dice lo stesso Samorì – di associazione a delinquere”. Samorì che pure di legge ne mastica, non teme querele e si lascia andare ad affermazioni che – per sua stessa ammissione – potrebbero avallare il ricorso alla legge da parte del management bancario per il reato di diffamazione.

Siamo a Modena, dove ha sede la Banca Popolare dell’Emilia Romagna, che con il suo utile di 327,4 milioni di euro, vede gran parte dei modenesi se non essere soci, almeno possedere uno dei propri conti correnti bancari. Oggi si riuniva l’assemblea, dove gli oltre 95mila soci sparsi nella penisola (l’assemblea si svolgeva in quattro posti contemporaneamente: Modena, Ravenna, Lamezia Terme e Avellino), votavano e approvavano il bilancio consolidato di gruppo relativo al 2010 e, soprattutto, il rinnovo parziale del Consiglio di amministrazione: sei consiglieri su 18 complessivi.

Ed è proprio su questo punto dell’ordine del giorno che si innesca la battaglia elettorale tra le diverse liste candidate alla poltrona consiliare. Da quattro anni circa l’avvocato Gianpiero Samorì, molto vicino agli ambienti della politica di centrodestra, adiacente ideologicamente al premier Berlusconi e alla famiglia Dell’Utri, tenta invano di accaparrarsi un posto nella banca modenese.

Anche quest’anno il flop è stato assicurato. L’assemblea si conclude con pochi colpi di scena, quanto a risultati: la Lista n.1, quella della continuità della gestione, capeggiata da Piero Ferrari, figlio del Drake, vice clamorosamente con 18.537 voti. Entrano del Consiglio di amministrazione, dunque, Piero Ferrari, Alberto Marri, Giuseppe Lusignani, Fioravante Montanari, Erminio Spallanzani (noto imprenditore metalmeccanico ed editoriale modenese). Il sesto consigliere è invece l’ex magistrato in pensione (è stato a capo della procura di Modena e successivamente di quella di Forlì) Manfredi Luogo, a capo della Lista n. 2 (che ottiene 8074 voti), che rappresenta – questo è stato il suo dire – la base sociale del Sud.

Nessun cambio improvviso di copione, dunque, per la riconferma dei vertici della banca. Ma il canovaccio annuale è stato animato di scene decisamente infuocate. Al momento dell’iscrizione degli interventi dei soci ai lavori assembleari, infatti, Samorì ha fatto iscrivere agli interventi centinaia di soci: 328, che avrebbe dovuto tradursi in 11 ore di lavori assembleari. Ed è così che alcuni dei presenti in fila si sono infuriati, arrivando persino a ricorrere alle mani, con tanto di intervento di forze dell’ordine e servizio di vigilanza, rivendicato dal presidente dell’istituto di credito Ettore Caselli che urlava: “Non siamo allo stadio, che siano identificati ed espulsi”. Erano solo le dieci del mattino, un’ora dopo l’inizio dei lavori. Solo tre ore dopo i soci vicini all’avvocato Samorì hanno dato nuovamente in escandescenza quando il presidente ha sospeso il dibattito “perché gli interventi dei 255 soci ancora prenotati – dice Caselli – impedirebbero il normale svolgimento dell’assemblea”.

Non sono mancate, dunque, né le azioni né le parole, soprattutto da parte della compagna dell’avvocato modenese, che proferiva parola senza remore al suon di “buffoni”, piuttosto che “vergognatevi”.

“Ho una lunga esperienza – ha affermato in conferenza stampa l’amministratore delegato dell’istituto di credito Fabrizio Viola poco dopo che Caselli ha annunciato che la banca si sarebbe difesa in tutte le sedi opportune rispetto all’attacco subito – nelle banche popolari, ma una cosa del genere non mi era mai capitata. La critica è il sale dell’azienda, ma in questo modo la dialettica diventa sterile. Dell’assemblea di oggi, purtroppo non mi rimane niente”.

La controreplica di Samorì non è delle più morbide. “Questa assemblea – dice l’avvocato – è illegittima dall’inizio alla fine e il voto sarà privo di significato. Credo che nella vicenda si sia configurato il reato di associazione a delinquere. Accetterò anche di ricevere una denuncia alla Procura per il reato di diffamazione, ma credo non sia possibile mettere d’accordo e reclutare persone per scalzare il rinnovamento che io ho in mente per questa banca”.

Si addolcisce, invece, quando i risultati arrivano: non entra nemmeno quest’anno in consiglio di amministrazione Samorì, ma con la sua Lista n. 3 passa dai 1.984 dello scorso anno ai 5.001 di oggi, “sintomo – afferma nell’euforia – che la gente comincia a ragionare. Questa è una nuova pagina del secondo tempo di un nuovo libro. Confido nell’intelligenza del presidente Caselli”.

Il gran finale di Samorì, che vede questo giorno come la sua personale vittoria, è l’attacco a Mimmo Guidotti, direttore generale della banca, che ha ricevuto un avviso di fine indagini per il crac Italease per il presunto reato di falso in bilancio.

“Se l’avviso di fine indagine – conclude Samorì – dovesse trasformarsi in una rinvio a giudizio Guidotti dovrà dimettersi”.

(le foto sono di Davide  Mantovani)

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