A Milano la Digos si avvicina al committente dei manifesti anti giudici apparsi nei giorni scorsi in città (leggi l’articolo), mentre a Roma il presidente del Consiglio torna ad attaccare frontalmente la magistratura definendola associazione a delinquere a fini eversivi. Nulla di nuovo, tutto già detto e sentito.

L’unica cosa nuova è stata la battuta. A una voce maschile che dalla platea gli ha gridato “sei pure bello”, Berlusconi ha risposto: “Lei ha espresso il 25% di omosessualità che è in tutti noi, anche in me; ma dopo una attenta analisi ho scoperto che il mio 25% di omosessualità è lesbica”. E’ stato l’apice dell’intervento del premier al meeting del Pdl organizzato a Roma dal ministro Michela Vittoria Brambilla per promuovere i mille centri “Servizio agli italiani”. Il premier ha rispolverato il repertorio di attacchi alla magistratura, all’opposizione, alla scuola pubblica. Ha rilanciato la necessità della legge bavaglio con le intercettazioni, riletto in modo “corretto” le leggi finora realizzate. A partire dal processo breve liquidando come critiche “senza senso del ridicolo” le accuse di danneggiare le famiglie delle vittime di tragedie come il terremoto di l’Aquila o il treno di Viareggio. E, ovviamente, ha riletto i processi in cui è coinvolto, da Mediatrade a Mediaset, bollandoli, tra l’altro, come “risibili”. Infine ha voluto chiarire una volta per tutte la questione nodale sulla sua altezza: “Loro mi chiamano nano, ma io non mi ci sono mai sentito, anzi; purtroppo le mie guardie del corpo sono alte un metro e 95 quindi nelle foto io sembro un po’ più basso, tutto qui”.

Ma non ha parlato solo del suo “ambito personale”, il premier ha riservato attenzioni particolari a Fabio De Pasquale, il magistrato titolare dell’inchiesta Mediatrade, che vede imputato Berlusconi a Milano per frode fiscale fino al 2009 e di appropriazione indebita fino al 2006 in relazione alla compravendita dei diritti tv. “Non sto a dire, nella storia di questo pm, che cose negative ci sono”, ha detto. La magistratura è stato l’argomento preferito oggi dal premier nel suo intervento. A partire dal ribadire “l’opportunità di una commissione di inchiesta che accerti se esiste un’associazione a delinquere a fini eversivi nella magistratura”. Magistratura che Berlusconi definisce “eversiva” almeno dieci volte in poco più di un’ora di comizio. “Non possiamo continuare a permettere che la sovranità appartenga ai pm eversivi della sinistra, dobbiamo andare a votare per cambiare questo sistema”. E ancora: “Noi non vogliamo uno Stato di polizia tributaria e giudiziaria dove ci sia l’oppressione burocratica e fiscale e giudiziaria dei magistrati eversivi. Vogliamo uno Stato libero e al servizio dei cittadini”. Il Cavaliere si disegna come vittima della giustizia, di questi “giudici che ci considerano tutti delinquenti che l’hanno fatta franca e ciò è dettato dall’invidia da cui sono posseduti. Siamo di fronte ad una magistratura che è uscita dal proprio alveo e che tenta di imporre ai cittadini un altro governo rispetto a quello che loro hanno scelto”, ha ripetuto ancora Berlusconi. Ricordando Mani Pulite, la fine della Prima Repubblica e la vicenda Craxi, ha paragonato la magistratura “eversiva come quella di allora, del 1993” ha detto: “Hanno fatto fuori i partiti democratici, come la Dc, li hanno fatti fuori vietandogli di ripresentarsi alle elezioni; poi hanno fatto fuori quel leader politico che era Bettino Craxi, accusandolo di tutto; accuse poi rivelatesi false quando lui era ormai morto”. Oggi come allora, dunque, secondo il Cavaliere i processi sono su basi “risibili”. E ha giurato che sia così “sulla testa dei miei cinque figli e sei nipoti”.

Berlusconi ha poi rimandato al mittente le accuse sul processo breve. “Forse, forse accorcerà i tempi del processo Mills”, ha detto. Forse. E comunque, ha aggiunto, “questa legge può facilitare il sistema giudiziario e manda in prescrizione solo lo 0,2% dei processi”. La prescrizione breve? “Tutti i Paesi distinguono tra incensurati e no, e quindi modulano diversamente la prescrizione”, spiega il presidente del Consiglio che censura come “bazzeccole magari di 15 anni prima” le questioni per le quali è chiamato a rispondere in giudizio, circostanza che “distrae un presidente del Consiglio dal suo lavoro”. Poi entra nel merito delle critiche alla riforma. “Dicono, le vittime di Viareggio, le vittime di L’Aquila, le vittime di Cirio, le vittime di Parma…”, elenca Berlusconi modulando la voce come quando si riferisce chi leva un lamento, per poi osservare che queste critiche sono “tutte senza senso del ridicolo”. Dunque Berlusconi, come aveva fatto in Parlamento Alfano, ricorda che “il processo di Viareggio prevede due reati: il disastro ferroviario si prescrive in 23 anni, cioè fino al 2032. L’omicidio colposo plurimo invece in 34 anni, cioè c’è tempo fino al 2044. Per Cirio e Parmalat, invece, i tempi sono “da 18 anni e qualche mese a 17 anni e qualche mese”. Ecco dunque una “legge imposta dall’Europa che ci ha imposto multe per milioni”.

Mancavano le intercettazioni. Ma il premier non l’ha dimenticate. E così, verso il termine del suo intervento, ribadisce la sua posizione: “In uno Stato che si definisce democratico i cittadini non possono sentirsi spiati quando alzano il telefono e vedere poi le loro conversazioni sui giornali in modo distorto. E’ una cosa inaccettabile perché la privacy va sempre tutelata”. Nel finale ha spronato i mille “al servizio per gli italiani” a impegnarsi “sul territorio” e li ha spronati: “Mille hanno fatto l’Italia, questi altri mille faranno gli italiani”. A prescindere dal loro 25% di omosessualità.

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