Massimo nasce 23 anni fa al Nord. A Busto Arsizio precisamente, 80mila abitanti fra Varese e Milano. Sua madre però è pugliese e suo padre siciliano e fin da piccolo soffre di una strana sindrome emotiva: gli manca il Sud. Così presente nel cibo che prepara sua madre, così assente nelle sue giornate uggiose. Quel Sud gli brucia dentro come un amore non corrisposto. Quando ci va per le vacanze estive, rinasce. Per i suoi cugini di ‘giù’ è ‘ilpolentone’, per i suoi compagni di scuola bustocchi è ‘il terrone’. Ma non gli dispiace, in entrambe le definizioni sente un pezzo di sé.

A quindici anni è abbastanza grande da andare in vacanza in quel Sud che lo attrae da solo, ospite dei suoi parenti. Il sole palermitano lo accoglie come un figliol prodigo. Per tutta l’adolescenza, durante l’estate, Massimo è siciliano. Incomincia a prendere l’accento, a fare amicizie al di fuori dell’ambito familiare, a confrontarsi con i ragazzi della sua età che vivono in un posto tanto diverso dal suo. Inizia a capire cos’è la Mafia e soprattutto a percepirne la presenza. Nel 2005 Massimo ha 18 anni. È il momento in cui prendono forma i social network, i forum online, i blog. Inizia con un amico a seguire lo spazio in rete di Beppe Grillo e a pensare di realizzarne uno suo. Lui e il suo amico vogliono esprimersi, scrivere cosa pensano sulla società che li circonda e così “Liberi di pensare” diventa il loro blog.

Ma a Massimo non basta, vuole fare di più e per caso scopre che esiste la possibilità di creare un’associazione culturale. “Io e i miei amici del blog la vogliamo, la desideriamo, incominciamo a fantasticare su un luogo di scambio di idee, un laboratorio culturale costante che possa permettere ai giovani di Busto Arsizio di confrontarsi e di risvegliarsi dal torpore e dalla monotonia della vita diprovincia. Decidiamo di farlo“. L’anno dopo è cruciale: il blog si trasforma in un’associazione e Massimo incontra per la prima volta in un convegno a Milano il ventenne Aldo Pecora che ha fondato da poco il movimento Ammazzateci Tutti. Questo ragazzo poco più grande di lui che racconta la sua storia di denuncia della ‘Ndrangheta, lo colpisce duro al petto. Con lui ci sono Marco Travaglio, Gherardo Colombo e il giudice Giancarlo Caselli. Sentirli parlare gli cambia le prospettive o meglio, le focalizza ulteriormente. Massimo inizia a organizzare incontri nella sua città per aprire gli occhi sulla criminalità organizzata. Invita prima Marco Travaglio, poi organizza nel suo liceo un incontro con Aldo Pecora che quel giorno dice “La mafia è anche qui in Lombardia, io vi chiamo alle armi per creare gli anticorpi per combatterla”. Le armi di cui parla sono naturalmente quelle non violente dell’educazione alla legalità. Massimo non sente altro impeto che rispondere alla chiamata. L’anno successivo partecipa al primo meeting dei giovani contro la crimimalità, organizzato da Ammazzateci Tutti, in ricordo del giudice martire di Mafia, Antonino Scopelliti. Lì avviene il vero cambiamento: “Sono stati i ragazzi calabresi e di tutto il Sud Italia a mostrarmi la forza e la voglia di riscatto e a trasmettermi la passione. Soprattutto la voglia di non essere soli ma tutti uniti in questa dura e lunga, ma possibile, battaglia. Lo scopo finale è cambiare questa società, migliorarla, o almeno cercare di farlo”.

Oggi Massimo è coordinatore per la Lombardia di Ammazzateci Tutti. Lo scorso 29 marzo nella sua città sono stati arrestati cinque presunti componenti del Clan Madonia di Gela; sempre a Busto Arstizio è in corso il processo Bad Boys che vede imputati diversi esponenti della locale ‘Ndrangheta Lonate Pozzolo-Legnano. L’11 aprile di quest’anno, l’appuntamento che per quattro anni si è svolto a Reggio Calabria in concomitanza con l’anniversario della morte del giudice Antonino Scopelliti, si è spostato a Busto Arsizio dove 3500 studenti hanno manifestato contro la criminalità organizzata. Ma il lavoro dei giovani di Ammazzateci Tutti rimane certosino, si concentra su piccoli passi quotidiani con progetti culturali nelle scuole. E in questo modo sta crescendo. In Puglia, Silvia, a soli quattordici anni, ha aperto il coordinamento del movimento, legge i giornali, commenta e s’indigna sulle leggi che reputa ingiuste. Silvia è riuscita a far intitolare una via di Bari a Scopelliti.

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