Una discarica abusiva a cielo aperto a pochi passi dal centro di Parma. E nessuno che muova un dito. Anzi, ancora peggio, gli unici sforzi dei dirigenti dell’Arpa parmigiani sono volti a coprire questo enorme scandalo sotto gli occhi di tutti: una montagna di spazzatura illegale coperta da alcuni teli neri tenuti fermi da cumuli di terra. Visibilissima da ogni automobile che passa lungo via Argini, tra la frazione di Porporano e quella di Marano, dove sorge la cassa di espansione per il torrente Parma.

Ma se si provano a chiedere delle spiegazioni all’Arpa, agenzia regionale prevenzione e ambiente, nessuno vuole rispondere: affermare che da almeno 4 anni la situazione è fuori controllo e il sindaco di Parma è stato denunciato alle autorità per una discarica abusiva sarebbe una verità troppo scomoda da spiegare ai cittadini. Soprattutto dopo che sono finiti in manette alcuni dirigenti Enìa che si occupavano proprio del settore ambiente.

Mentre il dibattito pubblico si consuma sulla possibilità e sull’utilità di realizzare o meno un inceneritore alle porte della città, sulle sponde del torrente Parma circa 150 mila metri quadri di spazzatura completamente abusiva sono già presenti dagli anni 60, anche se scoperti circa 7 anni fa. Lo scandalo è stato portato alla luce del sole, infatti, quando sono iniziati i lavori per la realizzazione della cassa di espansione del torrente a opera dell’Aipo. Erano i primi anni del 2000 quando l’agenzia interregionale per il fiume Po strinse un accordo per poter realizzare l’opera sulle sponde del torrente Parma. E acconsentì a trasferire la spazzatura che si trovava sul luogo, appartenente a una vecchia discarica degli anni 60, che inizialmente era stata descritta come 33mila metricubi di rifiuti.

Peccato però, che una volta azionate le ruspe per fare posto alla cassa di espansione, si sia scoperto che i rifiuti superavano quota 20mila metricubi. Una certa quantità di spazzatura fu subito portata via, considerati gli accordi presi tra Aipo e Comune di Parma. Ma la maggior parte rimase sul greto del torrente: troppo costoso provvedere alla sua rimozione, sia per il trasporto sia per la destinazione finale. Un investimento che nessuno dei due enti era, e al momento è, in grado di fare. La spazzatura rimasta è stata quindi accatastata vicino alla struttura idraulica, creando quella montagna di rifiuti che si vede ancora oggi dalla strada e che non si è più mossa.

Il tutto ricoperto dai teloni di plastica e messa in sicurezza. Per i primi 18 mesi la discarica è stata regolare, dato che un’ordinanza straordinaria del sindaco di Parma aveva decretato l’eccezionalità dell’evento in attesa di una risposta seria e duratura. Ma l’ordinanza ha valenza di soli 18 mesi, scaduti ormai oltre 4 anni fa. E da quattro anni l’Arpa segnala la situazione illegittima alle forze dell’ordine, arrivando anche alla denuncia per irregolarità verso il primo cittadino.

Non è chiaro a chi competa esattamente il dovere di spostare quei rifiuti: tra gli enti c’è un rimpallo di responsabilità e l’Arpa al posto di svolgere il suo ruolo, e quindi fugare ogni dubbio su responsabilità e competenze, si fa negare al telefono alla stampa. Il responsabile del servizio territoriale di Parma, ovvero chi presidia il territorio con interventi di vigilanza e controllo sulle attività umane con ricadute ambientali, Paolo Maroli, per una settimana è stato così impegnato in riunioni da non poter rispondere a una semplice domanda. E nel corso degli anni qualche proposta per una soluzione è arrivata. L’ultima, in ordine cronologico, è stata quella di separare la frazione ghiaiosa presente all’interno della discarica, mescolata ai rifiuti, utilizzarla vendendola e con questi introiti mettere in sicurezza la spazzatura rimasta ricoprendola di pannelli solari utili alla produzione di energia. Ma al momento questa rimane una semplice ipotesi.

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