Il direttore di Libero Maurizio Belpietro

Non ci fu un attentato vero e proprio alla vita di Maurizio Belpietro. E’ questa la conclusione dei magistrati milanesi dopo i fatti del primo ottobre dello scorso anno quando il caposcorta del direttore di Libero si imbattè e sparò in direzione di un uomo sorpreso sulle scale della palazzina dove abita il condirettore di Libero. La procura di Milano così esclude “ragionevolmente” che quella sera il giornalista fu vittima di un attentato. Per questo, i pm Grazia Pradella e Ferdinando Pomarici hanno chiesto al gip l’archiviazione del fascicolo aperto a carico di ignoti con l’ipotesi di reato di tentato omicidio e detenzione e porto d’arma. Quel primo ottobre del 2010,un poliziotto della scorta di Belpietro, Alessandro Mastore, esplose 3 colpi in aria ritenendo di aver visto nelle scale dell’abitazione in centro a Milano di Belpietro un uomo. La procura, sulla scorta delle indagini effettuate dalla Digos in questi mesi (audizione di abitanti della zona e degli inquilini del palazzo, acquisizione di filmati, rilievi scientifici), ha concluso che c’era effettivamente qualcuno la sera del presunto attentato, ma verosimilmente si trattava di un ladro, o, comunque, una persona che non aveva nel mirino il direttore del quotidiano Libero. Decisive per le indagini sono state le dichiarazioni dello stesso Mastore e di Ciro Lupo, l’autista di Belpietro.

Lo stesso Mastore ha raccontato ai pubblici ministeri che non si trattò di un attentato, ma di una persona, probabilmente di un ladro. A far propendere per questa ipotesi anche delle argomentazioni logiche: è apparso inverosimile alla procura che l’eventuale attentatore non avesse complici, che non fosse in possesso di un’arma funzionante, e, inoltre, l’inchiesta ha anche accertato che non vi erano particolari ragioni per prendere di mira Belpietro. Tuttavia, i pm ritengono che qualcuno fosse effettivamente nelle scale dell’abitazione di Belpietro, perché, spiegano “non ci sono ragioni per dubitarlo”. Insomma, la loro conclusione è che le dichiarazioni del poliziotto – scrivono nella richiesta di archiviazione – “escludono con ragionevole certezza l’ipotesi che i fatti siano riconducibili a un preordinato piano di attentato alla vita del dottor Belpietro”.

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