Il 5 aprile 2011 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per aver rispedito in Tunisia, due anni fa, un cittadino tunisino, Ali Ben Sassi Toumi, sposato con un’italiana e padre di tre bambini, che, preso in consegna dal regime di Ben Alì, fu sottoposto a torture. L’espulsione verso la Tunisia avvenne il 2 agosto 2009, nonostante l’esplicita richiesta della Corte europea di soprassedere.

La Corte ha affermato che l’espulsione può determinare la responsabilità dello Stato, se vi sono motivi seri e verificati di ritenere che l’interessato corra il rischio di essere sottoposto a trattamenti contrari all’art. 3 della Convenzione europea sui diritti umani e le libertà fondamentali, il quale stabilisce che “nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”. La difesa del governo italiano si è ipocritamente trincerata dietro le “assicurazioni” ricevute dal regime di Ben Alì, ma la Corte ha giustamente obiettato che “fonti internazionali serie ed affidabili” asserivano come le autorità tunisine non prendessero in considerazione i reclami relativi ai maltrattamenti e che le stesse autorità erano assolutamente reticenti a collaborare con le organizzazioni internazionali.

Certo, da un governo e da una maggioranza parlamentare disposti a giurare sui propri figli che Berlusconi era convinto che Ruby Rubacuori fosse la nipote di Mubarak e che era intervenuto sulla questura di Milano per evitare un incidente diplomatico, non ci si può certo aspettare di essere in buona fede.

Ma esiste anche un’altra Italia, quella che, ad esempio, ospitò nel 1998 la Conferenza istitutiva della Corte penale internazionale, presieduta da un giurista del calibro di Giovanni Conso. Bisogna auspicare che gli esponenti dei regimi autoritari che stanno cadendo uno dopo l’altro come birilli siano sottoposti alla giurisdizione di tale Corte, qualora ne venga accertata la responsabilità in fatto ad esempio di tortura. Ai sensi dell’art. 7, para. 1, lett. f, della Convenzione istitutiva della Corte penale internazionale, infatti, la tortura costituisce un crimine contro l’umanità, se commessa nell’ambito di un esteso e sistematico attacco contro popolazioni civili e con la consapevolezza dell’attacco.

Bisogna però anche auspicare che i complici di questi regimi, collocati negli Stati cosiddetti democratici dell’Europa occidentale siano anch’essi sanzionati, perché è solo grazie alla collaborazione attiva dei Berlusconi e dei Sarkozy, che oggi tenta di riciclarsi come campione dei diritti umani spargendo uranio impoverito sulla Libia, se Ben Alì e i suoi simili hanno potuto per lunghi decenni opprimere e torturare i propri popoli.

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