Il presidente della Repubblica, pur dopo qualche resistenza e nonostante le informazioni giudiziarie sui procedimenti a suo carico, firma li decreto di nomina di Saverio Romano a ministro dell’Agricoltura. Garante di Romano il presidente del Consiglio e sponsor della proposta i compaesani Renato Schifani, presidente del Senato, e Angelino Alfano, ministro della Giustizia. Referenze ad altissimo livello, siamo in una botte di ferro, come diceva Attilio Regolo.
Grazie a Marco Travaglio per il suo fondo ispiratore Adulti, con riserva uscito su il Fatto Quotidiano del 24 marzo 2011.

Nulla di nuovo sotto il sole

Certo stupisce, illustre Presidente,
questa asserita Sua perplessità
nel nominar ministro un innocente
che forse ha avuto un dì contiguità

con mafia ed aggravata corruzione.
La nomina firmata è in sintonia
coi precedenti della Sua missione.
Nella ministeriale compagnia

ammise, infatti, due noti imputati
come ministri: Fitto e Matteoli,
nonché i leghisti, ahimé pregiudicati,
Maroni e Bossi…ed in quali ruoli!

Non solo: a presidente del Consiglio
Lei scelse con presidenziale slancio,
noncurante di ogni legal bisbiglio,
un imputato di falso in bilancio,

corruzion giudiziaria, fiscal frode
e, infin, di indebita appropriazione.
L’ultima decisione, a quanto si ode,
par nata dal mentir del fanfarone:

O Romano o la fine del governo!
su ricatto di ignobili migranti.
E Lei, per evitarci quell’inferno,
con riserva avvallò: “Romano, avanti!

Poco coraggio nel Dna
non è certo una colpa personale
e esami di coraggio non ne fa
chi è votato all’onor del Quirinale.

Anche se troppo spesso disse: “Sì!”,
grazie comunque, illustre presidente,
è il voto che lo caccia via di lì.
Firmato: un Italiano impertinente.

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