Il fatto – Il 19 marzo a Milano nel pieno della festa del papà, è stato celebrato simbolicamente il funerale della cultura. Nel pomeriggio, infatti, a partire dalle ore 15.00, in Piazza Fontana, luogo simbolo della strategia della tensione e del cosiddetto “terrorismo di stato”, si è tenuta una manifestazione pacifica e festosa intitolata “Milano l’è bela… ricordiamoglielo”, che ha puntato il dito contro la chiusura di alcuni locali della città.

L’antefatto
– Nei giorni precedenti, infatti, l’Amministrazione Comunale, su iniziativa del vice sindaco De Corato e del sindaco Moratti, ha ordinato la chiusura di alcuni spazi storici come il jazz club “Le Scimmie” sul Naviglio Pavese, il circolo Arci “La casa 139” di via Ripamonti e altri ritrovi giovanili e non solo. Il motivo dello stop pare essere più che lecito: irregolarità gestionali, tesseramenti atti a mascherare attività commerciali, Siae non rispettata, condizioni di sicurezza inadeguate, materiali infiammabili, sovraccarico di ingressi (superato il limite dei posti disponibili), rilevamento addirittura di gente che ballava durante un concerto in un locale non riconosciuto come dancing! Avanti di questo passo, se uno al bar si azzarda a canticchiare un motivetto che passa per radio, il locale rischia di chiudere perchè non ha la licenza del karaoke. E il bello è che sarebbe anche corretto, rigorosamente e ottusamente visto sotto un certo profilo.

Un commento e un dubbio
– Comunque sia, personalmente trovo tutto ciò meraviglioso, lodevole e infinitamente giusto. Le regole vanno fatte rispettare. Ne va della sicurezza dei cittadini e del quieto vivere della metropoli. È importante intervenire laddove si annidano illegalità e irregolarità, e compito di una buona amministrazione è agire in modo deciso e senza tentennamenti. Sono d’accordo circa il rispetto delle leggi che regolamentano gli spazi pubblici, così come sono d’accordo circa il rispetto delle leggi in generale, anche di quelle che governano la trasparenza degli appalti o le consulenze esterne, oppure di quelle che stabiliscono che sia un reato la prostituzione minorile.

Ma la domanda che sorge spontanea è: qual è il senso di quello che è successo? Ci troviamo di fronte a un gigantesco malinteso? È solo una questione di controllo di regolarità? Oppure dobbiamo leggere in un altro modo i fatti? Per esempio non è che si vogliono chiudere gli unici spazi di Milano dove ci si può esprimere ancora in massima libertà? Non è che si vogliono chiudere gli ambienti più creativi per imbavagliare le voci fuori dal coro? Milano non offre più molto in tal senso, i locali “vivi” sono sempre di meno mentre aumentano le realtà più commerciali e in linea col bunga bunga. I cosiddetti “circoli alternativi”, che non sono assimilabili alla classica “movida” ma anzi, ne rappresentano l’antitesi, perché appartengono alla categoria di quelli che amo definire i “luoghi pensanti”, ormai si contano sulla punta delle dita e se chiudiamo anche quelli a Milano non resta più niente. È finito tutto. L ‘omologazione è completa.

Ma allora, chi è andato in piazza a protestare perchè l’ha fatto? Perchè si ribella all’azione giudiziaria e non potendo cambiare le leggi o la Costituzione può solo urlare il suo dissenso nelle strade oppure perchè forse sotto sotto c’è il sospetto che sia in atto la “soluzione finale”?


Comunicato dei promotori:

Milano l’è bela… Ricordiamoglielo
La bellezza di una città è la sua cultura, i suoi spazi di aggregazione, i suoi teatri, le voci che la abitano.
Chiudere questi spazi, zittire queste voci, spegnere i quartieri, svuotare le strade in nome di una sicurezza virtuale, significa addormentare la città, inquinare la sua bellezza, farla morire.
Non alimentare la diversità delle voci significa anestetizzarla.
Risvegliamo Milano.

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