La Nato assumerà il comando di tutte le operazioni militari in Libia. L’annuncio è arrivato in una giornata di grande fermento diplomatico, con un incontro a Addis Abeba tra l’Unione africana e il regime di Muammar Gheddafi per studiare la possibilità di convocare elezioni nel Paese nordafricano. L’Alleanza atlantica ha comunicato che entro “qualche giorno” avrà non solo il controllo completo per quanto riguarda la No fly zone, ma per tutte le operazioni militari contro gli obiettivi di terra per garantire il rispetto della risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza dell’Onu. “Garantiremo il coordinamento per evitare conflitti con la coalizione”, ha spiegato una portavoce, mentre i vertici militari hanno assicurato che per il rispetto della No fly zone occorrerà impiegare “decine di aerei, non centinaia”. Una soluzione sostenuta con forza dall’Italia, e che ha “assolutamente” soddisfatto il premier Silvio Berlusconi

Il presidente dell’Unione Africana, Jean Ping, ha chiesto “un immediato cessate il fuoco e l’avvio di un dialogo tra il governo di Muammar Gheddafi e i ribelli libici”. “L’azione dell’Unione Africana è un deciso passo politico che mira a facilitare un dialogo tra le parti sulle riforme da intraprendere per affrontare alla radice le cause del conflitto che sta dilaniando il Paese”, ha detto Ping nella riunione di Addis Abeba. Ping ha aggiunto che l’Unione Africana chiede che venga stabilita una fase di transizione che porti a elezioni democratiche, sostenendo che “è importante che ci si trovi d’accordo su questo tipo di approccio che mira a promuovere in Libia una pace duratura, sicurezza e democrazia”. Un appello per la fine dell’ostilità è stato rivolto ai rappresentanti presenti delle parti in causa.

Il leader libico Muammar Gheddhafi ha inviato una delegazione di cinque membri guidati dal presidente del Congresso del Popolo, ovvero il Parlamento libico. Non vi era invece alcun rappresentante del Consiglio nazionale transitorio libico, assenza che ha creato malumeri tra i partecipanti al vertice. Un alto diplomatico africano che non ha voluto fornire le sue generalità ha detto che i ribelli si sono rifiutati di prendere parte ai colloqui e manterranno questa posizione fino a quando Gheddafi non lascerà il potere. Il vertice odierno è un tentativo, da parte dell’Unione Africana, di svolgere un ruolo di mediazione nella crisi libica. Ruolo che i diplomatici occidentali hanno richiesto, lamentando “l’assenza di una strategia africana” nei recenti negoziati di Parigi.

Da Bruxelles, dove si è svolto il Consiglio europeo, il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha riferito che Parigi e Londra stanno approntando “una soluzione politica e diplomatica” per la Libia. Il ministro degli Esteri britannico William Hague ha precisato che le truppe lealiste dovranno ritirarsi dalle città cinte d’assedio, come Misurata, per dare una dimostrazione credibile di rispettare la tregua. Ma da Agedabia i ribelli hanno fatto sapere che sono ripresi i bombardamenti.

Da parte sua l’Italia non ammorbidisce assolutamente la sua linea sul fatto che l’operazione in Libia debba essere portata avanti dalla Nato e soprattutto dice no ad un coordinamento ‘politico’ degli Stati della coalizione guidato dai francesi. Fonti diplomatiche riferiscono che Roma non cambia affatto la sua posizione: l’unica soluzione è un largo consenso multilaterale “senza che ci siano personalismi o atteggiamenti” diversi dallo scopo umanitario della missione. Le stesse fonti spiegano che c’è soddisfazione sul ruolo che si assumerà la Nato ma vengono esclusi a priori “qualsiasi fuga in avanti” da parte di altri paesi. Nel mirino, viene fatto osservare, c’è la Francia che insiste ad ‘intestarsi’ un’operazione che invece dovrà essere portata avanti attraverso organismi multilaterali. Questa posizione verrà ribadita martedì dal ministro degli esteri, Franco Frattini, alla conferenza convocata a Londra. Il governo inoltre, spiegano le stesse fonti diplomatiche, giudica assolutamente positiva l’apertura della Tunisia sul problema dell’immigrazione. Un ruolo chiave in questo senso è stato ‘giocato’ dal noto finanziere Tarak Ben Ammar che si è fatto promotore di un’iniziativa accompagnando i ministri italiani Maroni e Frattini a un incontro con il primo ministro tunisino.

Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan ha giudicato “positivo” il passaggio alla Nato del comando di tutte le operazioni militari in Libia, ma ha sottolineato che il suo Paese insiste affinché l’Alleanza Atlantica operi di concerto con la Lega Araba e l’Unione Europea “così da evitare”, ha ammonito, “i medesimi errori commessi in Afghanistan e in Iraq”. Erdogan ha notato con un pizzico d’ironia che la Francia appare “fuori gioco” rispetto agli sviluppi che ha assunto la questione del comando unico: Ankara finora aveva molto criticato la gestione tendenzialmente unilateralistica dell’intervento da parte francese, e il mancato invito al vertice di sabato scorso a Parigi ha ulteriormente inasprito i rapporti tra i due Paesi. Il premier turco è poi tornato a porre l’accento sugli aspetti umanitari dell’operazione: “La notte scorsa ho parlato fino alle 2 e mezza con il primo ministro libico Baghdadi Mahmoudi, e gli ho offerto in particolare aiuti umanitari. E’ un tema”, ha ribadito, “al quale la Turchia è molto sensibile. Non lasceremo sola la Libia”, ha avvertito Erdogan, aggiungendo che dev’essere comunque mantenuta “l’integrita’ territoriale” del Paese maghrebino.

Sulla durata dell’intervento militare internazionale si registra il cauto ottimismo dell’esercito francese, secondo cui i raid dureranno “alcune settimane e non mesi”. Il regime invece ha comunicato che i raid di giovedì su Tajura hanno causato 15 morti tra militari e civili e i cadaveri sono stati mostrati nell’obitorio dell’ospedale di Shara al Zaweya.

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