Fare informazione, scrivendo di Brunello o Rosso di Montalcino, è sbagliato. È indecoroso, non sta bene. Occorre invece fare critica, cioè magnificare produttori di vino che hanno patteggiato con la Procura di Siena per aver violato il disciplinare di produzione. Occorre “dare i numeri” che otterranno menzione nelle cartelle stampa del Consorzio, riscattando l’immagine delle aziende che hanno compiuto illeciti, e con essa l’immagine di tutto il territorio. Sostenendo, o almeno non comunicando, le trovate di chi intenderebbe valorizzarlo.

Chiediamo dunque venia di aver tentato di contrastare anni di pseudoinformazione orecchiata (quindi urlata o sbandierata), di comunicati stampa fallaci e di pura disinformazione, insipiente o prezzolata che sia. Abbiamo commesso il gravissimo errore di riportare fatti e nomi e numeri di sentenza, seppur aspettando che la maggior parte delle aziende vinicole o persone avesse patteggiato. Perché in fondo, come ha commentato qualcuno non in astinenza, siamo stati anche noi “narcisi e rampanti” ad aver ideato macchine del fango anche a costo di mettere a repentaglio l’intero sistema”.

Ci scusiamo dunque degli errori passati; ma anche di quelli presenti e futuri. In quanto ci siamo riproposti di avversare le falsità, altrove dette “magistrali inesattezze”. A noi non interessa condannare nessuno, tantomeno un bicchiere di vino dal colore blu anziché rubino o granato. Né abbiamo interesse a screditare il Brunello, di cui ci occupiamo da anni, indicandone gli interpreti seri ed autentici in varie lingue: quindi non dobbiamo nemmeno più “rampare”. Ci interessa però che si smetta di affermare, senza ritegno e anzi con spocchia , cose inverosimili. Ingannando le persone.

Solo due settimane fa, ad esempio, sono state ancora fatte affermazioni inverosimili: dall’avvocato di una delle aziende coinvolte nelle indagini della Procura di Siena. Inverosimile il motivo che l’avvocato ha sostenuto aver indotto l’azienda al patteggiamento, peraltro negato (anche attraverso la bocca dotata d’un amico critico) finché noi abbiamo riportato i numeri della sentenza. Tanto che l’enologo della stessa azienda, difeso dallo stesso avvocato, è tuttora inquisito dalla Procura per illeciti commessi non solo a Montalcino: come assemblare illegalmente vini, per dargli colore, coi vitigni Lambrusco e Lancellotta. Tale assemblaggio, detto anche “taglio Nutella”, ha estasiato il goloso e cromatico palato di non pochi critici enogastronomici inneggianti al “Blu nello di Montalcino”.

Ma è ancora più inverosimile quanto è stato detto sulle indagini della Procura di Siena: cioè che essa abbia sequestrato vini a Montalcino in base ad analisi chimiche che non sarebbero valevoli in sede probatoria. Un’affermazione che getta discredito sul lavoro degli inquirenti, oltre che su quello degli scienziati adoperati come consulenti. Mentre invece i sequestri della Procura di Siena sono avvenuti in seguito all’accertamento di illeciti commessi sia in vigne sia in cantine presso Montalcino. A seguito di tali e diverse prove ci sono stati patteggiamenti di quasi tutte le aziende vinicole inquisite. Frattanto la Procura di Siena aveva commissionato specifiche analisi per stabilire esattamente quali partite di vino dovessero andare in commercio come Brunello Docg e quali dovessero essere invece declassate a vino Igt.

Il prof. Massimo Vincenzini, microbiologo all’Università di Firenze, ha studiato i risultati delle analisi fatte dal Centro di Ricerca Enosis presso Alessandria. “Non c’è alcun dubbio, dal punto di vista scientifico, che le analisi siano valevoli – asserisce Vincenzini -, del resto si accordano agli esiti della ricerca che ho svolto negli ultimi 6 anni, e che sta per essere pubblicata in America”.

Esamineremo i dettagli della ricerca e delle analisi, oltre al loro discusso valore nella fase dell’incidente probatorio dell’affare Brunello, in una seconda parte di questo intervento. Concludiamo questa prima parte in allegria.

Giorni fa mi ha chiamato un importatore americano, per informarmi che la nota agenzia di stampa Reuters ha riportato un comunicato del Department of Alcohol and Tobacco Tax and Trade Bureau (Ttb) degli Stati uniti: l’annata 2006 di Brunello di Montalcino, “che era stato coinvolto in uno scandalo sulla qualità”, soddisfa tutti i requisiti della Docg secondo l’ente di certificazione italiano. Quindi potrà essere commerciata in America. Notizia “portentosa”, se si è incomodata la Reuters a darla. Specie considerando che un ente di certificazione aveva riconosciuto idonei anche i vini coinvolti nello stesso “scandalo sulla qualità” che sono stati sequestrati dalla Procura di Siena. Perché dunque non affidare l’analisi e la certificazione dei vini alle università (sostenendole economicamente), anziché a una società come Valore Italia che impone costi maggiori?

Sforziamoci comunque di tradurre la mirifica notizia della Reuters: l’affare Brunello, altrimenti detto Brunellopoli (a detrimento della lingua italiana), è ormai soltanto un brutto ricordo. L’America può continuare a importare il 25% di un vino il cui numero di bottiglie continua “portentosamente” ad aumentare: è arrivato a ben 8,3 milioni. E, giacché il consumo di vino pro capite italiano è precipitato a meno di 40 litri l’anno, ossia quasi un terzo di quanto accadeva vent’anni fa, si ha più che bisogno dell’America. Ma anche della Cina e dell’India.

Però, come ho scritto tempo fa, l’ultima parte delle indagini della Procura di Siena sul Brunello non è ancora conclusa, per quanto diversi “media” si affannino da anni a scrivere il contrario.

Continua…

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