Continua il giallo del  peschereccio italiano, sequestrato sabato dalle autorità libiche, e che ieri sera, dopo aver puntato verso la piattaforma Eni ha fatto marcia indietro sul porto. Ma ancora non si sa nulla. Se non che a bordo con gli otto italiani di equipaggio ci sono libici armati. E questo preoccupa e non poco. Secondo gli esperti, infatti, si tratterebbe di una prima ritorsione di Gheddafi nei confronti dell’Italia che ieri, in uno dei suoi messaggi, il Raìs ha definito “traditrice”. A dare peso a questa tesi il fatto che l’equipaggio è stato costretto a spegnere le comunicazioni radio. Segno evidentemente di come i libici non abbiano la minima intenzione di di venire a miti consigli.

“Siamo preoccupatissimi ci sentiamo abbandonati”. Questo il commento di Salvo Arena, il padre di Antonino, 34 anni, uno dei marittimi a bordo del rimorchiatore Asso 22. Arena, sposato e padre di un bambino di 4 anni, si era imbarcato il 27 gennaio da Augusta e doveva chiudere il suo periodo di lavoro in questi giorni.  “Ho sentito Antonino – dice il padre – poco prima della mezzanotte dell’altro ieri: ha preferito parlare con me per non trasmettere ansia alla moglie Sofia. Mi ha detto che la situazione era sotto controllo e che stava bene. L’ho sentito sereno, forse non mi ha voluto trasmettere la sua preoccupazione”. Ma la paura “cresce sempre di più perché sono molto allarmato per la situazione che si è venuta a creare in Libia. Non ho ricevuto notizie ufficiali da nessuno “.

Il fermo del rimorchiatore Asso 22 è avvenuto ieri pomeriggio, verso le 17, dunque poco prima dell’attacco dei caccia francesi alla Libia. Sul fatto era intervenuto oggi il ministro degli Esteri Franco Frattini il quale non aveva escluso che “si possa trattare di un sequestro”.

Il rimorchiatore stava sbarcando a Tripoli dei lavoratori libici della Noc, la società petrolifera libica, quando alcuni uomini armati, tra cui uno che si sarebbe qualificato come il comandante del porto, hanno fermato l’equipaggio, impedendo alla nave di ripartire. Gli italiani e gli altri si troverebbero tuttora a bordo.

L’imbarcazione è della società Augusta Offshore spa di Napoli, una società fondata nel 1986 e specializzata nel servizio di assistenza alle piattaforme petrolifere e in attività di esplorazione e produzione.

La sede principale è a Napoli, dove è distaccato il dipartimento commerciale e tecnico: inoltre, la società ha basi operative in Italia a Siracusa, in Egitto al Cairo, in Brasile a Rio De Janeiro e Macaè. Negli uffici napoletani, off limits al momento per i giornalisti, si è insediata una task force di dipendenti impegnata a seguire gli sviluppi della situazione. Il personale è in costante contatto con l’ad della compagnia, Mario Mattioli, che è anche presidente nazionale di Assorimorchiatori.

L’Asso 22 due anni fa sali agli onori delle cronache per una importante operazione di soccorso di immigrati di cui fu protagonista: era il marzo del 2009 quando il rimorchiatore riuscì a mettere in salvo oltre 350 migranti al largo delle coste libiche. In quel periodo il rimorchiatore, lungo 75 metri, stava assistendo tre piattaforme petrolifere al largo della Libia quando incrociò una carretta del mare in difficoltà carica di migranti che fu agganciata e rimorchiata fino al porto di Tripoli. In seguito al quell’operazione la Cgil Campania chiese che all’equipaggio del rimorchiatore fosse conferita la medaglia al valor civile.

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