Mentre aspettiamo con il fiato sospeso di vedere come finisce a Fukushima, all’angoscia di ogni persona ragionevole si aggiunge una pena accessoria: dover sopportare la cieca arroganza dei predicatori del nucleare. Ci dicono di tacere, di tenere a freno l’ottusa emotività che è tipica degli ignoranti. Che solo chi ha una laurea in Fisica o in Ingegneria nucleare avrebbe diritto di parola.

Non è così. Anzi, è proprio il contrario. Una banale constatazione dimostra che gli scienziati che garantiscono la sicurezza delle centrali nucleari hanno la stessa credibilità delle fattucchiere che leggono le carte su reti televisive minori.

Il ragionamento è semplice. Tutto ciò che facciamo è subordinato, quasi sempre inconsapevolmente, a un razionale calcolo delle probabilità. Attraversare la strada, prendere il motorino, sciare, fare immersioni subacqueee, costruire una centrale a carbone o un’acciaieria: sono tutte cose pericolose. Ogni volta che saliamo sull’aereo sappiamo che potremmo lasciarci la pelle. Però sappiamo che le probabilità dell’infausto evento sono statisticamente note, e sono così basse che tutti continuiamo a volare. Nessuno vive chiuso in casa per paura di morire arrotato.

Proprio il fatto che non sappiamo come finirà in Giappone (non solo non sappiamo se finirà male, ma soprattutto nessuno è in grado di ipotizzare quanto male finirà, nessuno è in grado di delimitare il danno possibile) dimostra però che i profeti del nucleare non sono in grado di offrirci un calcolo delle probabilità degno di questo nome. Esattamente come quelli che ti leggono le carte. Di fronte allo spettacolo avvilente di un esercito di tecnici travolti dall’emergenza, è lecito stabilire che il vero pregiudizio non è quello degli anti-nuclearisti (che pure di pregiudizi ne hanno, eccome) ma di coloro che discutono a colpi di “ragazzino, lasciaci lavorare”.

Il rischio del nucleare non è calcolabile, è ignoto. E’ ignoto agli specialisti, non agli ignoranti. E’ come se ti dicessero che salire su un aereo comporta una probabilità di lasciarci la pelle che sta tra lo 0,0001 per cento e il 95 per cento. Noi analfabeti avremmo il sacrosanto diritto di dire all’ingegnere aeronautico: “Ragazzo, torni più preparato”. E se il supertecnico ci accusasse di non voler salire sull’aereo solo a causa della nostra ignoranza avremmo il diritto di rispondergli con vigore: “Non sono ingegnere ma non sono neppure scemo, caro specialista, basta aver avuto un 6+ in aritmetica alle medie per capire che lei è un impostore”.

Poi se qualcuno sarà in grado di offrire subito, prima di vedere come finirà a Fukushima, un calcolo delle probabilità degno di questo nome, farò autocritica e chiederò anche scusa.

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