Quando uno dice le coincidenze… Ieri sera, felice e infreddolita, dopo aver attraversato le piazze della città piene di donne arrabbiate ma piene di voglia di libertà, sono tornata a casa, mi sono messa al lavoro che da qualche tempo mi impegna: capire cosa è accaduto nel nostro paese e se davvero qualcuno alla vigilia delle stragi del 1992-93 volesse balcanizzare l’Italia, cioè spacchettare il nostro paese in tanti piccoli Stati, facendoci tornare al tempo dei Borboni e dei Granducati. E guarda… anche Gheddafi era interessato per qualche sua misteriosa ragione a questo progetto, tanto che “dinari” libici avevano finanziato leghe e movimenti secessionisti. Perfino la procura di Torre Annunziata aveva indagato sulla vicenda, insomma esisteva un misterioso filo che legava Tripoli, Villa Wanda e la Padania.

Non nego di aver cliccato qua e là con un certo scetticismo, benché molti documenti fossero circostanziati. Alla fine, insonnolita, me ne sono andata a letto. Stamattina mi sveglio e cosa scopro? Il Rais in persona, assediato nel bunker di Tripoli, torna su questa dimenticata storia e in un’intervista a giornalisti francesi (badate francesi) rivela di aver fornito armi alla Padania di Bossi, il quale molto risentito invece di negare di essere a capo di un movimento armato fa sapere che la Lombardia tritolo e fucili li produce da sé. L’Udc si scandalizza, il Pd fa un’interrogazione parlamentare.

Se può essere utile al dibattito cerco di sintetizzare, nei limiti del possibile, quanto è emerso dalla mia notte insonne. Cominciamo da una minacciosa frase di Gelli, rilasciata in un’intervista all’Europeo il 10 settembre 1992. Falcone e Borsellino sono già morti: “E’ da un pezzo che ci sarebbero tutte le condizioni per un colpo di Stato onde eliminare la teppaglia che ci sta rapinando… In realtà sa chi rappresenta l’unica speranza in questo paese alla deriva? Bossi”.

Più o meno nello stesso periodo, il prestigioso quotidiano britannico The Economist pubblica uno strano articolo, “Redrawing the map”, corredato da una cartina geografica che prefigura sconvolgimenti in Europa per mutare l’assetto degli Stati. “Chi non si trova bene col proprio vicino di casa può sempre traslocare in un altro quartiere, cosa che le nazioni non sono in grado di fare. Ma supponiamo che invece possano farlo. Riassettare la carta geografica europea renderebbe l’esistenza più logica e amichevole“, scrive l’Economist che quasi per gioco sposta i confini dei vari paesi accorpandoli per affinità etniche, c’è chi viene accorpato, chi scivola verso il basso, chi sale verso l’alto.

L’Italia appare smembrata, il meridione separato dal resto d’Europa, circondato dal mare Mediterraneo, spicca la parola “Bordello”, sinonimo di “casino” che in inglese equivale a racket. Cioè mafia. Sembra che la mappa pubblicata dall’Economist avesse uno sponsor d’eccezione, ovvero il principe Filippo di Edimburgo, cui l’unità europea non piaceva proprio e pertanto avesse commissionato nel 1989 all’industriale olandese Alfred Heineken uno “studio” sulla scomposizione degli Stati nazionali europei. Heineken lo portò a termine suddividendo l’Europa in 75 ministati. L’industriale olandese era legato al nazionalista russo Vladimir Zhirinovskij, e qui veniamo al punto, molto amico del colonnello Gheddafi. Intanto la procura di Torre Annunziata scopre contatti tra il movimento di Bossi con i nazionalisti sloveni, legati a quelli russi e finanziati dai “dinari” libici. E anche che Zhirinovskij aveva avviato un giro d’affari con il leader nazionalista sloveno Nicholas Oman.

E qui il cerchio si chiude, perché secondo la Digos di Arezzo, Oman era un assiduo frequentatore di Villa Wanda, la residenza ufficiale di Licio Gelli.

Poteva Gelli, l’uomo della loggia atlantica, ma anche grande tessitore di traffici con la Libia (fin dallo scandalo dei Petroli) rimanere insensibile a tutte queste spinte secessioniste? No, infatti diede vita alla lega Meridionale che finì per divenire il punto di contatto tra vari partiti del Sud Italia che all’inizio degli anni Novanta muovevano i primi passi in Sicilia e in altre Regioni del Sud. Un’indagine della Procura di Palermo, allora guidata da Giancarlo Caselli, rivelò che dietro questi movimenti politici vi erano in realtà mafia e ‘ndrangheta, P2 e neofascismo: “La Lega delle Leghe del gruppo gelliano non si presentava come movimento antagonista alla Lega di Bossi ma ne condivideva il programma e l’ideologia, presentandosi come l’attore politico in grado di pilotare al Sud il programma di divisione dell’Italia in macroregioni”.

Il progetto finale era un’Italia federata, attratta al Sud dai paesi del Nord Africa. Ovvero la Libia, e questo spiegherebbe l’interesse di Gheddafi. Insomma il Rais sta vendendo cara la pelle, con questa intervista manda a dire: “Se voglio ne ho da raccontare”.

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