L’idea della santa alleanza made in Nordest tra Indesit ed Electrolux del senatore Pdl Maurizio Castro e del ministro Maurizio Sacconi non è piaciuta a nessuno. Nè alla multinazionale svedese nè ai sindacati, che hanno proclamato (per una volta uniti) otto ore di sciopero il 7 marzo per tutti e 4 gli stabilimenti rimasti dell’Electrolux. “Il piano di ristrutturazione presentato dall’azienda, con l’aumento degli esuberi a 800, compresi 200 già previsti dall’accordo del 2008, non dà nessuna garanzia per il futuro”, spiegano le organizzazioni sindacali che hanno annunciato una manifestazone nazionale nel feudo del ministro pidiellino del Welfare Sacconi, a Conegliano.

Ma ora è sceso in campo anche il nuovo doge della Lega, il presidente della Regione Luca Zaia: “Non siamo disposti a perdere alcun posto di lavoro a Treviso come a Pordenone. Siamo consci che Electrolux è alle prese con una concorrenza sleale, non all’estero ma in Italia, ma noi siamo dalla parte dei lavoratori”. Il governatore veneto ha aggiunto: “Non vorremmo che accadesse come per l’Indesit, che ha chiuso a Treviso per aprire in Campania”. Insomma, è guerra tra poveri. Che la questione sia cruciale per il territorio dove la Lega ha una delle sue basi elettorali lo dimostra la presa di posizione del vescovo di Conegliano Corrado Pizziolo, che ai sindacati ha espresso la propria amarezza per il comportamento dell’azienda.

I sindacati hanno esposto al vescovo la situazione drammatica che si è creata nell’azienda di Susegana (Treviso) in seguito alla decisione di ridimensionare la produzione di frigoriferi con l’espulsione entro il 2014 di 485 lavoratori su un totale di circa 1500. Contrariamente agli accordi del 2008, ora rimarrebbe solamente la produzione dei frigoriferi ad incasso, la meno pregiata, mentre la gamma superiore del prodotto passerebbe in Ungheria, mentre quello di Porcia, Pordenone (lavatrici) sarebbe destinato alla Polonia.

Il vescovo ha espresso la propria solidarietà. “Non è giusto – ha affermato – che si gettino nella disperazione tante famiglie pensando solamente alla possibilità di maggiori profitti spostando la produzione in altra parte. C’è una responsabilità sociale che grava sull’azienda. Gli operai difficilmente troverebbero in questi tempi altro lavoro. Queste massicce dismissioni fanno anche perdere preziose esperienze di lavoro accumulate in questi anni.Sono inoltre un brutto segnale per tutto il territorio”.

L’Electrolux nei giorni scorsi aveva confermato i tagli già annunciati: 580 esuberi in più concentrati nel Nordest, cioè a Susegana e Porcia. Lo scontro si è acceso dopo che il direttore generale del gruppo in Italia, Luigi Campiello, ha ribadito come Electrolux creda a un futuro per il settore degli elettrodomestici in Italia e nel Triveneto, ma per costruirlo serve un deciso intervento anche governativo per irrobustire la filiera dalle aziende di fornitura fino ai consumatori finali. E favorire il decollo di prodotti a minore consumo di acqua ed elettricità: «In Italia si potrà produrre solo per i segmenti medio alti del mercato», ha avvertito il top manager.

Ma per rintuzzare la concorrenza coreana e turca che ha monopolizzato il segmento basso del mercato e ora aggredisce quello medio c’è bisogno di un governo e di una strategia. Nei giorni scorsi l’ex manager Electrolux Castro, ora senatore Pdl,e il ministro Sacconi (stesso partito e stessa area elettorale, Treviso) hanno lanciato la proposta di un’alleanza sinergica tra Indesit ed Electrolux. Proposta che gli svedesi non hanno mai rinnegato ufficialmente, ma che in camera caritatis hanno bocciato senza mezzi termini: come può il primo o il secondo gruppo del mondo allearsi con un’azienda poco più che italiana?

Bisogna però fare anche i conti con un’Italia dove la domanda non decolla: «Il mercato ha perso il 15% di vendite rispetto a due anni fa e la ripresa è stata limitata», ha detto Campiello. Troppo poco per mantenere l’attuale capacità produttiva, tarata sul boom 2002, quando la multinazionale svedese produsse 8 milioni di elettrodomestici per un mercato di 31 milioni. «Noi abbiamo venduto 4,2 milioni di pezzi, il mercato è sceso a 17 milioni, come vent’anni fa», ha affermato il manager, che avrebbe chiesto ai sindacati un’intesa in fretta per far decollare i nuovi investimenti (80 milioni nel Nordest, 170 in totale). L’azienda avrebbe anche dato spazio a una soluzione modello Scandicci, lo stabilimento toscano che Electrolux ha lasciato libero per nuove iniziative, e dove si sono installate produzioni fotovoltaiche. Ma anche lì pare che non tutto sia filato liscio. Molte delle assunzioni promesse o previste non sono arrivate.

I sindacati, anche in Veneto, non credono ai grandi piani di sviluppo. “Due anni fa abbiamo firmato un accordo che ci doveva blindare per il futuro, e ora siamo daccapo”.

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