Favorito, com’è ormai noto, nella corsa per il posto di procuratore della Repubblica a Catania è l’attuale procuratore generale, Giovanni Tinebra. Nel suo vasto curriculum la gestione del pentito Scarantino, le indagini sui mandanti occulti delle stragi, i contatti con i legali di Berlusconi sempre su quelle indagini (con seguito di inchiesta affidata alla Procura di Catania e rapidamente archiviata nell’immediatezza del suo insediamento alla guida della Procura generale).

Il 26 gennaio scorso al processo Mori il dott. Tinebra era citato come teste dal pubblico ministero Nino Di Matteo ,ma ha presentato certificato medico, chiedendo, a causa delle sue precarie condizioni di salute, non solo di non testimoniare quel giorno, ma che si rinunciasse definitivamente alla sua testimonianza. Non un impedimento momentaneo, dunque, ma una condizione che non gli consente di essere interrogato in aula né ora né mai.

A questo punto si pone un interrogativo: se effettivamente Giovanni Tinebra sta così male da non potere deporre in un processo così importante, come fa a reggere l’ufficio che dirige e, soprattutto, come sarà possibile da parte del Csm affidargli la direzione della Procura distrettuale antimafia di Catania, una delle più importanti d’Italia? Se invece è in grado di reggere l’Ufficio e concorrere validamente alla guida della Procura di Catania, evidentemente quel certificato non è veritiero. Vale la pena di chiedersi allora perché non voglia testimoniare in quel processo…

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