Se l’Unione Europea non cesserà di sostenere le rivolte in corso nei Paesi del Nord Africa e in particolare in Libia, Tripoli cesserà ogni cooperazione con la Ue in materia di gestione dei flussi migratori: è questa la minaccia arrivata alla presidenza ungherese di turno della Ue da parte delle autorità libiche.

Solo ieri il presidente del Consiglio  Silvio Berlusconi diceva: “Non voglio disturbarlo”. Ma la preoccupazione c’è, tanto che il ministro dell’Interno Maroni ha lanciato l’allarme sul rischio esodo. La preoccupazione del Viminale, raccolta oggi dal Corriere della Sera, è che il governo di Tripoli non sia grado di contenere la protesta e  migliaia di nuovi sbarchi possano riversarsi sulle coste italiane.

Roberto Maroni da ore viveva nella paura che Gheddafi possa sospendere i controlli e ora questa paura trova nelle parole proprio di Gheddafi una prima conferma. Da mesi nelle zone portuali e costiere si ammassano migliaia di profughi da tutta l’Africa. Per questo il ministro è in costante contatto con il nostro ambasciatore a Bengasi. Del resto cresce anche la preoccupazione per gli italiani residenti in Libia. Un fronte sul quale sta lavorando il ministro degli Esteri Franco Frattini. E proprio oggi sul sito della Farnesina è apparso un comunicato che sconsiglia viaggi in Libia. A rischio gli interessi italiani in Libia. A partire dall’Eni che, riporta il Corriere della Sera, in una nota ufficiale fa sapere come “al momento non si registra alcun tipo di problematica e la produzione continua, ma monitoriamo costantemente la situazione e seguiamo con attenzione gli sviluppi”.

La vera preoccupazione restano gli sbarchi. Perché quelli tunisini registrati nei giorni scorsi a Lampedusa potrebbero essere solo la punta dell’ice berg. In Nordafrica la situazione precipita ora dopo ora. Ma è tutto il mondo arabo che ormai è una polveriera. Una situazione sulla quale pesa l’ultimo rapporto del’Unità di crisi. Il documento, arrivato ieri sul tavolo del Viminale, pur sottolineando come a Tripoli il clima sia al momento ancora “tranquillo”, specifica la “problematica situazione della Cirenaica” ed evidenzia come sia “la prospettiva che inquieta”. Da qui “i contatti costanti con l’ambasciata per la valutazione dei diversi possibili scenari relativi alla comunità italiana, avendo già esaminato specifiche iniziative di tutela diretta per chi si trova nella zona di Bengasi”.

Se dunque il trattato di amicizia tra Libia e Italia, firmato proprio a Bengasi, dovesse saltare potrebbe scattare l’emergenza. In quel documento il nostro governo, in cambio di concessioni economiche e politiche al regime di Gheddafi, ha ottenuto impegni libici a controllare le coste per impedire le partenze di barconi dalla zona nord del Paese. Ora, se tutto questo dovesse finire a causa di un allargamento del conflitto, come capitato in Egitto, l’esodo sarebbe cosa quasi certa. E i numeri, in mano a Maroni, parlano chiaro: “Dopo gli accordi con la Libia gli sbarchi sull’isola di Lampedusa sono diminuiti del 98 per cento”, passando dai 37.000 del 2009 a 404 del 2010.

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