La settimana scorsa avevo manifestato qualche perplessità su “Se non ora quando”, non tanto per le ragioni della protesta delle donne che io trovo sacrosante e che condivido totalmente, né perché non fossi convinto che la manifestazione avrebbe incontrato un largo consenso popolare, ma perché temo che la piazza del 13 febbraio non rappresenti l’universo-donna, in Italia, nel suo insieme. Con un preoccupante corollario: esiste una coscienza di genere (femminile) nel nostro Paese?

Dopo la puntata di giovedì di Annozero ho avuto una spiacevole conferma della mia sensazione. Guardate questo estratto: Corrado Formigli chiede a un gruppo di ragazze di dire la loro sulla possibilità di prendere parte a una delle mitiche cene berlusconiane farcite con ricche dosi di bunga-bunga.

Non c’è niente da fare: ci sono persone fatalmente attratte da Berlusconi, da Villa San Martino, dai soldi facili, dalla cessione di pezzi di libertà in cambio di pezzi di successo. E questo accade nonostante tutto: nonostante la prostituzione (minorile), nonostante i racconti di chi è andata via schifata, nonostante il milione di donne in piazza, nonostante le minacce di Lele Mora, nonostante non ci possa essere successo, denaro e possibilità per tutte le ospiti di Arcore.

Quello che è successo ed è stato detto negli ultimi mesi non appare un deterrente per quel pezzo di mondo, anzi, sembra un irresistibile invito: “allora è vero che andando a cena da Berlusconi posso diventare famoso”, avranno pensato chissà quanti italiani, imboccati peraltro proprio dai media che intendevano denunciare il degrado morale del nostro Paese e si sono ritrovati, loro malgrado, a fare da testimonial del modello-Berlusconi.

“È libero arbitrio”, “alla fine è colpa delle donne che ci stanno”, “Berlusconi ha un fascino incredibile, una cultura pazzesca”, “non escludo di poter fare il bunga-bunga”. Lo dicono in pubblico, in televisione. in fondo, diventare famose è il sogno delle ragazze intervistate da Formigli. Lo dicono a milioni di persone.

Ecco, parliamo di numeri: un milione di donne sono scese in piazza, insieme. Ma quante sono le donne che da sole, senza mai essere unite perché sono in eterna competizione per arrivare all’attenzione del potente di turno, sono rimaste a casa e hanno fatto parte di un silenzioso e quanto mai trasversale movimento di persone che avranno pensato a loro volta “Se non ora, quando?” ma riferendosi all’improvvisa speranza di soldi facili, della bella vita, della carriera senza gavetta, regalata da ciò che accade a casa Berlusconi?

Inizio ad avere il timore (terrore, a dirla tutta) che un gruppo non marginale di italiani abbia mollato da tempo l’idea che nella vita bisogna studiare, far fatica, gavetta, lavorare per anni per giungere alla tranquillità professionale e alla felicità personale.

In Italia esiste una domanda inevasa dalla politica. La maggioranza non vuole attualmente rispondere e l’opposizione non ha trovato un modello sociale alternativo, altrettanto convincente e seducente: “Perché lavorare in un call center quando potrei fare pomp*** in Costa Smeralda?”

No, non sono diventato volgare di colpo: ho citato un brano di Immanuel Casto che si chiama “Escort 25”: è uscita nel maggio 2010, manco fosse una profezia. Conta un milione di visualizzazioni su Youtube ed è, secondo me, la dimostrazione dell’esistenza di una vera e propria egemonia culturale che vive e cresce in contesti che noi analisti non conosciamo, da cui ci teniamo colpevolmente a distanza, che non capiremo mai e a cui abbiamo saputo opporre solo una piazza protestante senza nessuna ipotesi alternativa.

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