Mancava, in effetti, sulla carta stampata “moderata”, un alter ego di Augusto Minzolini. Una figura diversa dai Belpietro-Feltri-Sallusti-Ferrara, meno violenta ma ugualmente dannosa. Mancava, ma certamente non se ne sentiva la mancanza.

Serviva un siciliano, come Emilio Fede, ma con un profilo un po’ meno agreste e più internazionale, magari newyorkese, con la riga laterale e gli occhiali tondi da bravo ragazzo. La scelta è caduta su di lui: Gianni Riotta, oggi direttore del Sole24Ore, lo stesso che aveva lasciato il Tg1 per far spazio al peggiore direttore di sempre, ovvero Minzolini.

Con Riotta, inteso Mister Fallimento, il Sole ha chiuso il primo trimestre con una perdita netta di 6,4 milioni rispetto a ad un -4,2 dello scorso anno, con i ricavi fermi a 123,2 milioni, il 7,4% in meno; a dicembre 2009 la perdita era già di 52 milioni. Nel 2008 il quotidiano degli industriali aveva chiuso con utili per 16,7 milioni di euro. A questi dati funerei si aggiungono le 60mila copie lasciate per strada: oggi se ne vendono solo 261mila copie, un calo del 18% rispetto al 2008. E tutto questo grazie ad un solo uomo al comando, il non più giovane Riotta. A fronte di questi risultati, nella consultazione dei giornalisti sul rinnovo della fiducia al direttore, su 244 redattori 177 gli hanno negato la fiducia, ovvero il 70%. Un plebiscito contro di lui, mai nessuno era riuscito ad unire così tanto la redazione.

Ma non siamo qui a constatare il fallimento professionale di un uomo, bensì la sua conversione alla causa berlusconiana, indiscutibilmente confermata dal fondo del giornale di domenica 13 febbraio dal titolo Sciarpe e mutande e in mezzo il niente, titolo dal tipico appeal anglosassone.

Nel suo scritto mediocre, Riotta mette sullo stesso piano la manifestazione di sabato 12 febbraio organizzata da Giuliano Ferrara al Teatro Dal Verme (dove altro sennò?) e quella delle donne di domenica scorsa “Se non ora quando?” in molte piazze italiane. Ecco le squallide parole del direttore dimezzato: “Ben venga la passione, a patto che sotto il vestito non ci sia il niente. Ed è proprio questo il sospetto, che dietro tanta stoffa brandita a mo’ di bandiera le idee siano poche, gli slogan un po’ vuoti e tutto si giochi sulla risacca lenta di un gioco delle parti già assegnate da tempo […] L’impressione è che dietro i cortei – ripetiamo: ben vengano purché pacifici – ci sia una tensione di risulta, e non di scatto in avanti. Una guerra di trincea che non sposta gli equilibri, non innova, non dice una parola nuova. Se non fiori nei vostri cannoni, almeno mettete idee tra sciarpe e mutande”.

Un accostamento vergognoso definito da ben quaranta giornaliste del Sole24Ore un “editorialino cerchiobottista, qualunquista e soprattutto offensivo“. Paragonare duecento persone in un teatro dal nome evidentemente evocativo ad oltre un milione di uomini e donne che rivendicavano la dignità e l’onore del genere femminile e di un Paese in balia di meretrici e papponi, è quanto di peggio potesse inventarsi questo eterno giovanotto dai modi british ma dall’agire cronicamente arcoriano. Si è svelato al mondo in modo maldestro e fin troppo precipitoso persino per gli standard del premier, risultando inadatto alla causa berlusconiana come a quella antiberlusconiana come a quella di mezzo. Insomma, un giornalista per nessuna stagione: anche in questo un record.

Emma Marcegaglia, donna al potere, presidente di Confindustria, che lo ha risparmiato anche a fronte del fallimento della sua direzione, ora trovi il coraggio di cacciarlo per queste scandalose parole che non possono essere rappresentative del quotidiano degli industriali e che sono rivolte anche a lei in quanto donna.

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