Ieri in Senato la banda dei soliti noti è tornata in azione. I partiti si sono condonati anche le sanzioni per i manifesti abusivi comminate a partire dal 2010. Il merito è dei senatori Mario Gasbarri del Pd e Francesco Casoli del Pdl, il cui emendamento alla legge Milleproroghe è stato approvato ieri in Commissione. L’ennesimo furto ai danni dei cittadini e della democrazia, rigorosamente bipartisan, salva i partiti da quasi 100 milioni di euro di multe non pagate in occasione delle ultime elezioni regionali e determina una grave perdita per i Comuni che già hanno messo in bilancio le sanzioni, dopo aver comunque speso milioni di euro per la defissione dei manifesti

L’ultimo condono risaliva al 2010, quella volta il merito fu di un emendamento della Lega. Praticamente dal 1996 è tutto un condono: iniziò il centrosinistra con il consenso dell’opposizione di allora, per essere poi seguito dal centrodestra nel 2001, nel 2005, nel 2008. In totale, possiamo stimare in almeno 1 miliardo e 200 milioni di euro le multe che i partiti si sono cancellate dal 1996 ad oggi. Avevano ragione, dunque, coloro che hanno affisso illegalmente manifesti negli spazi che spettavano ad altri e hanno deturpato le città mettendoli selvaggiamente su muri, cassonetti, cartelli stradali. Fesso chi ha rispettato le regole. Roba da far impallidire pure Cetto La Qualunque.

Chi gioverà del condono? Quasi tutti i partiti, dove il “quasi” sono i Radicali, visto che da anni rinunciamo a fare affissioni perché non vogliamo piegarci al sistema criminale per cui si pagano bande di attacchini senza scrupoli pur sapendo che violeranno sistematicamente le leggi. Che siano coinvolti tutti gli altri, dal Pdl al Pd, dall’Idv a Vendola, dall’Udc alla Lega, lo abbiamo documentato con più di una inchiesta.

“Ancora con questa storia dei manifesti”, mi si dirà. A parte il danno economico, non da poco, per i Comuni che pagano le spese di defissione senza neanche incassare le sanzioni, la questione è di democrazia. Tecnicamente parlando, è temerario affermare che già solo per questo le decine di elezioni (tra politiche, europee, regionali e amministrative) che si sono tenute dal 1995 sono state illegali? In Italia il processo elettorale e di formazione dell’opinione pubblica è falsato alla radice, favorendo chi viola le leggi e punendo chi le rispetta.

Prendiamo i manifesti, strumento di propaganda un po’ retrò che però ancora funziona visto che per strada e in macchina passiamo in media un paio d’ore al giorno: chi si chiama fuori dal far west semplicemente non esiste, e se denuncia, le istituzioni si girano dall’altra parte. Chi spadroneggia ha visibilità, lancia messaggi e non paga dazio. Accade così che se azzecchi le parole per spiegare il tuo obiettivo e non hai accesso alla televisione per comunicarle, dopo un po’ di tempo te le rubano. Succede in questi giorni, con il partito di Vendola che scimmiotta il nostro “Rivolta! gandhiana, morale, politica e sociale” di un anno fa con dei manifesti Rivolta! nonviolenta, civile, costituzionale.

Lo stesso vale per la procedura di presentazione delle liste elettorali: chi si rifiuta di raccogliere illegalmente le firme necessarie è escluso (come capitato alle ultime Regionali) mentre gli altri – che fanno firme false, raccolte su liste in bianco e senza pubblico ufficiale – governano. Formigoni docet. E non parliamo (ora) della propaganda radiotelevisiva o delle distorsioni causate dal finanziamento pubblico che consente a 5 partiti (Pd, Pdl, Idv, Lega e Udc) di dividersi il 95% dei 300 milioni di euro l’anno rubati ai cittadini.

Restituire all’Italia condizioni minime di democrazia significa occuparsi anche di questo, perché è nei dettagli che si nasconde il “diavolo”. Se si aprono crepe nelle procedure democratiche e, anziché tapparle ci si adegua ad esse, allora stiamo certi che entrerà di tutto, compreso Berlusconi a rete unificate. C’è ancora spazio per chi non si rassegna al così fan tutti? È la scommessa che vogliamo vincere, senza scorciatoie.

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