Ci sarà un momento in cui vorrò essere donna e giocoforza mi dovrò dunque travestire, se le donne me lo permetteranno. E nessuno si meravigli perché vi è stato un tempo in cui avrei voluto essere un Indiano d’America, non cosciente del loro duro quotidiano. E non tanto per mangiare carne di bufalo arrostita, ma per profonda invidia del loro saper cavalcare a pelo scoccando frecce con assoluta precisione, diventando un tutt’uno con i loro pezzati, che in gioventù l’amico Jacopo Fo mi spiegò con dovizia di particolari essere i cavalli più buoni del mondo.

Vi è stato un tempo in cui sarei voluto essere una tuta blu e lo diventai per soli tre mesi. Anche se la tuta era rosso bianca della Firestone. Cambiavo gomme da un gommaio in piazza Alberti a Firenze. Prendevo uno stipendio sindacale di 10.500 lire alla settimana, ero il più giovane apprendista. Mario, che era il più anziano, operaio specializzato nello smontaggio delle ruote da Tir e nel creare battistrada artigianali per macchine da corsa, si muoveva con quelle manone che smontavano i grandi cerchioni a cazzotti con una precisione da ricamatrice. Mario prendeva lo stipendio più alto di quella piccola azienda familiare, gestita anche da padre e figlio in tuta anche loro e con moglie alla cassa, 170.000 lire al mese. Tutti si rispettavano e si divertivano anche nel vedere il mio impegno che svanì alla riapertura delle scuole. Era il 1967. Di lì a poco ciò che mi aveva lasciato perplesso – facevo più soldi con le mance che di stipendio – mi fu più chiaro grazie a quello che accadde dopo qualche mese in tutto il mondo. Arrivò il maggio 1968.

Vi e stato un tempo in cui sarei voluto essere ebreo e un tempo dove sarei vuluto essere palestinese. Vi e stato un tempo in cui sarei voluto essere cecoslovacco e un tempo per diventare cubano e via avanti aggiungendo a sogno sogno e informazione aumentando così la qualità della mia realtà.

Vi è stato un giorno in cui ho comprato un microscopio e un giorno che ho comprato il primo computer, un giorno che ho comprato un biglietto per l’America e un giorno quando, seduto sul divano di casa, ho visto quel che tutti abbiamo visto fra la polvere che si alzava: neri diventare bianchi e bianchi diventare polverosi fantasmi spaventati tanto quanto noi che eravamo nel chiuso delle nostre case. Era l’11 settembre del 2001.

Vi è stato un giorno in cui ho spento il televisore, dichiarando che non ce la facevo più. E un giorno in cui l’ho riacceso e poi rispento, e poi riacceso e poi rispento e poi riacceso.

Vi è stato un giorno di tanti anni fa, fra il tempo del gommaio e il tempo del primo viaggio in America, in cui ho letto un libro, L’origine della donna di Elaine Morgan, libro che mi è stato rubato da qualche amico, affascinato dal farsi informare come mi ero informato io attraverso le sue pagine del perché mio padre mi avesse sempre ripetuto fin da piccolo “Stai dove stanno le donne e sarai sempre un uomo salvo”. E questo è uno dei tanti motivi per cui il 13 sarò in mezzo a loro per sentirmi un po’ come loro, protetto da loro. Dalla loro resistenza, dalla loro pazienza, dalla loro forza, dalla loro capacità di generare uomini e idee.

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