Sono stato in Tunisia una decina di giorni fa, come rappresentante dei giuristi democratici in una delegazione della Rete euro mediterranea dei diritti umani. Ho visto un intero popolo che si riprendeva la democrazia. Una delle battute che circolavano era: “Fino a ieri i tunisini passavano metà della loro giornata a discutere di calcio tunisino e metà a discutere di calcio italiano. Ora la passano tutta a discutere di politica”. E in effetti, ovunque si potevano notare capannelli intenti a discutere, formati da giovani e vecchi, militari e civili, donne e uomini. Un fenomeno analogo sta accadendo ora in Egitto e potrebbe ben presto accadere altrove, sulle sponde del Mediterraneo.

Gli slogan più gridati durante la rivoluzione erano due: “Lavoro, dignità, libertà” e “Lavoro per tutti, via i criminali dal potere”. E’ noto come il regime di Ben Alì, come del resto quello di Mubarak in Egitto ed altri, siano stati fra i più fedeli esecutivi dei diktat neoliberisti di Fondo monetario internazionale e Banca mondiale, in virtù dei quali sono stati smantellati tutti i sistemi d protezione sociale, la sanità e l’istruzione, e privatizzate le ricchezze pubbliche a beneficio di un pugno di corrotti.

Fra i vari incontri che abbiamo avuto durante il nostro soggiorno a Tunisi, anche quello con i diplomatici dell’Unione europea. Ci hanno detto che l’immagine dell’Europa è ancora positiva in Tunisia, nonostante governi come quello italiano e quello francese abbiano fatto di tutto per deturparla, appoggiando fino all’ultimo il dittatore Ben Alì. “Mancanza di professionalità”, hanno detto, a proposito di queste posizioni. Io ritengo piuttosto si tratti di direttive politiche sbagliate e di collusioni fra la cricca di Ben Alì e quelle nostrane.

I diplomatici europei ci hanno anche detto che, dopo la rivoluzione, gli obiettivi dei programmi europei sullo Stato di diritto, la governance democratica, lo sviluppo sostenibile e i diritti umani, potrebbero essere realizzati con molta maggiore facilità. E’ vero. Il diritto internazionale pone determinati obiettivi, fra i quali appunto quelli appena menzionati, ma la realizzazione di essi può avvenire solo in base a trasformazioni sociali, politiche e culturali. Solo se un popolo si risveglia, come ha fatto quello tunisino. Occorre augurarsi, anche nell’interesse del diritto internazionale, che questa rivoluzione si estenda e si sviluppi. Anche al di fuori della Tunisia. Anche al di fuori del mondo arabo.

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