di Guido Mula*

Nelle elezioni, concluse ieri, dei rappresentanti del Consiglio universitario nazionale, organo di rappresentanza universitaria previsto dalla legge (diversamente dalla conferenza dei rettori, la Crui), i candidati proposti dalla Rete29Aprile, nata da soli nove mesi, hanno vinto sostanzialmente tutti a mani basse.

Il Cun è un organismo molto importante, che ha la responsabilità di dare pareri al Ministro su vari argomenti della vita universitaria, tra i quali i criteri per la ripartizione dei fondi di riequilibrio del finanziamento delle università, i regolamenti didattici, i settori scientifico-disciplinari (ovvero i raggruppamenti nei quali sono divise le varie materie e che sono utilizzati sia per i concorsi che per la costruzione dei corsi di studio). Con la legge attuale (Legge “Gelmini” 240/2010 art. 10) il Cun ha perso però la competenza per i provvedimenti disciplinari, che passano in mano alle singole sedi senza aver messo contemporaneamente in moto nessun meccanismo di garanzia equivalente a quello che poteva essere garantito da un organismo terzo rispetto all’ateneo di appartenenza: ancora una volta il potere sempre più in mano ai baroni.

Il significato di questa vittoria dei ricercatori è evidente: le proposte che partono dal basso, quando la gente si confronta e sceglie in un confronto aperto i propri rappresentanti, fanno sì le cose funzionino davvero. Da non dimenticare poi il notevole aumento della partecipazione al voto (dal 26 al 39%), indice di un’accresciuta consapevolezza dell’utilità che tutti esprimano il proprio parere anche in queste occasioni.

L’effetto della mobilitazione dei ricercatori ha quindi portato a una reale presa di coscienza nelle università della forza di un’azione compatta di chi, pur emarginato dalla legge, può far sentire la propria voce attraverso libere elezioni nelle quali i candidati imposti dall’alto, non vincono più. I ricercatori, in questi mesi, si sono mobilitati in massa resistendo a critiche e attacchi su base sia nazionale che locale, derivanti sia da forze politiche che da molti opinionisti, che si sono profusi in giudizi negativi senza mai entrare nel merito delle questioni. La forza dei ricercatori è stata la proposta di idee valide che sono state condivise da tantissime persone anche al di fuori dall’ambito universitario. La gente oggi ha bisogno di idee, non di slogan inconsistenti e di vuoti contrasti tra chi non vuole rinunciare al proprio minuto di notorietà: la totale superficialità nelle discussioni di chi ci governa a proposito degli ultimi provvedimenti parlamentari e delle condizioni della politica attuale lo dimostra sempre di più.

La riforma vera delle istituzioni deve quindi partire da proposte concrete che vadano al di là delle beghe e degli accordi di partito o tra partiti. E’ indispensabile guardare più in là, guardare lontano. Nella Rete29Aprile ci sono ricercatori di destra e di sinistra, ci sono ricercatori delle scienze umane e delle scienze tecnologiche, ci sono giovani e meno giovani. Tutte queste persone hanno saputo mettere da parte i vecchi schemi per portare avanti un nuovo modo di pensare nell’Università e nel Paese: in tanti, anche al di fuori delle università, hanno riconosciuto questo fatto e lo hanno apprezzato. Ci auguriamo che questo sia il segno di un vero rinnovamento che parte dal basso, al di là delle liste di candidati decise dall’alto, al di là della volontà di premiare chi più si adatta passivamente senza disturbare troppo o di chi preferisce slogan rassicuranti al confronto franco e aperto.

C’è ancora speranza per questa Italia, e questa speranza parte dai cittadini che, confrontandosi tutti i giorni con i problemi quotidiani, hanno voglia di portare con serenità il proprio contributo, il proprio granello di sale, alla discussione e alle proposte che alla fine è su loro stessi che avranno effetto.

*Rete29Aprile

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