Tecnicamente si chiama “subornazione di testimoni”. Che tradotto in italiano corrente suona pressappoco così: intralcio alla giustizia. Lo scacchiere del caso Ruby si allarga e sul tavolo della partita adesso atterra anche questo particolare non da poco conto. La questione viene sollevata dai membri dell’opposizione che compongono la giunta per le autorizzazioni a procedere di Montecitorio. L’accusa, per ora solo ipotetica, potrebbe essere rivolta a Silvio Berlusconi e ai suoi legali. La questione, spinosa dal punto di vista giuridico, emerge dalle ultime 227 pagine inviate ieri mattina dalla procura di Milano alla Camera.

Tutto gira attorno ad alcuni verbali difensivi trovati dagli investigatori negli appartamenti di via Olgettina 65, ma mai depositati ai pm come successo per altre carte nella giornata di martedì scorso. I documenti con le dichiarazioni delle ragazze già siglati dai legali del premier non risultano controfirmati a mano dalle stesse. Dopodiché a particolare si aggiunge particolare. A squadernare i fatti sono i verbali delle perquisizioni. In uno di questi si legge che in casa della soubrette domenicana Marystell Polanco gli uomini della squadra Mobile scoprono non il suo verbale difensivo ma addirittura quello di Barbara Guerra, altra ragazza protagonista delle cene di Arcore.

Il quadro, dunque, si complica. Quello che salta all’occhio è il panico del premier davanti a possibili testimonianze delle ragazze. Non a caso, il 15 gennaio scorso, ad appena ventiquattr’ore dalla notizie della sua iscrizione nel registro degli indagati, il Cavaliere chiama “a corte” tutte le ragazze. L’obiettivo della riunione è chiaro: mettere a punto una strategia che blindi i particolari di quelle serate. Le intercettazioni aggiungono indizi. Al telefono la soubrette Barbara Faggioli parla chiaro: “Sono chiamata alle 19, da quanto so dalle intercettazioni emergono cose molto brutte”. Quindi avverte Nicole Minetti: “Mi ha chiamato la segreteria del presidente e mi hanno passato il presidente e mi ha detto di convocare tutte le ragazze per parlare con l’avvocato”.

E ora la notizia di questi singolari verbali porta sostanza alla tesi di un Cavaliere totalmente disperato e quasi inerme davanti a questo tsunami giudiziario. Niccolò Ghedini, parlamentare e avvocato del presidente del Consiglio, si mostra tranquillo. Sentito dal Corriere dice: “E’ normale che un teste difensivo possa aver il suo verbale di interrogatorio”. Lo prevede la legge. E’ vero. Ma la legge fornisce anche alcuni consigli perché durante le indagini difensive, gli avvocati ricoprono il ruolo di “pubblico ufficiale”. E dunque, nel documento stilato dall’Unione delle Camere penali italiane si legge: “Il difensore non è tenuto a rilasciare copia del verbale alla persona che ha reso informazioni”. Il motivo è semplice: evitare il rischio di inquinamento probatorio, se pur indiretto. Il caso in questione sembra ricalcare questa eventualità. La Polanco, ed è un fatto, si tiene in tasca il verbale della Guerra. Perché? Il sospetto è che questo giro di verbali servisse alla ragazze per capire e modulare le proprie dichiarazioni su una linea unica. Detto questo, resta l’inquietante particolare di quei documenti compilati ad hoc, firmati dagli avvocati, ma non controfirmati dalle ragazze. Quale poteva essere lo scopo?

Misteri, dunque. In questa inchiesta se ne trovano molti. Perché dopo l’affaire dei verbali, era già emerso il particolare di un interrogatorio fantasma, andato in scena il 6 ottobre 2010, vale a dire 23 giorni prima che scoppiasse lo scandalo. Non solo, in quel periodo le indagini difensive non erano ancora iniziate. Partiranno il 20 ottobre. Di più. L’unico interrogatorio di Ruby davanti ai legali di B avviene i primi giorni di novembre. E dunque? Di certo c’è che quella serata fu “allucinanate”. Almeno così la definisce Luca Risso, il fidanzato di Ruby. Chi c’era? A suo dire Lele Mora e un emissario del premier. La cronaca di quel periodo racconta che l’avvocato di Ruby è Luca Giuliante. Il 29 ottobre la marocchina lo lascia per passare sotto la tutela di Massimo Dinoia. Il particolare, già noto, emerge anche dall’agendina della marocchina.

Cosa accadde quella sera resta un mistero. Si misero a punto le strategie del ricatto al Cavaliere? Si sa che Ruby voleva chiedergli cinque milioni di euro. Nella sua agendina, contenuta nelle ultime 227 pagine, si legge: “Quattro milioni e mezzo da Silvio Berlusconi che ricevo tra due mesi”. Intanto, il 29 ottobre Giuliante lascia la difesa perché è già legale di Lele Mora nella causa dove l’impresario dei vip è imputato per bancarotta. Eppure Ruby e Giuliante si sentono ancora. Le ultime intercettazioni fissano i contatti nei primi giorni di gennaio. Qui Ruby fa riferimento a “una grossa somma” da chiedere al presidente.

Ecco la scansione temporale. Il 7 gennaio Ruby chiama e chiede a Giuliante: “Siccome io, praticamente non ho modo di parlare con la persona che tutti e due conosciamo”. Quindi prosegue: “Mi aveva dato una volta un aiuto, tramite sempre l’avvocato. Avrei bisogno dello stesso aiuto, perché comunque in questo periodo non sto lavorando”. Giuliante: “Ci penso lunedì, non ti preoccupare”. Il 10 gennaio Ruby chiede: “Ne ha già parlato con la persona?”. Giuliante risponde: “Non lo faccio attraverso Massimo”. E’ Massimo Dinoia? Lui, dalle colonne del Corriere, smentisce di aver avuto con Giuliante discorsi su soldi chiesti da Ruby. Il 12 gennaio Giuliante aggiorna la marocchina: “Bisogna sempre muoverci di persona, ne ho parlato ieri con Massimo, vedi tu, io il problema l’ho rappresentato a Massimo”. E Ruby risponde: “Comunque il discorso è che la somma è grande…”. L’ultimo particolare emerge dall’agendina di Ruby e riguarda l’avvocato Dinoia . Ruby nella sua contabilità di dare e avere annota: “70mila euro conservati da Dinoia”. E quella cifra è accanto a un’altra: i “170mila conservati da Spinelli” (il tesoriere del premier). (dm)

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