La data per il lancio del nuovo tablet della casa di Cupertino è slittata dal 19 gennaio a febbraio. Mese più mese meno, quel che importa è che con il nuovo iPad la Apple si è prefissa di fare il primo importante passo verso la rivoluzione dell’editoria on line.

A garanzia ci sono personaggi del calibro di Steve Jobs e del tycoon australiano Rupert Murdoch. Infatti il suo The Daily sarà il primo quotidiano disegnato solo per iPad. Un prodotto che unisce “la sensibilità tabloid con l’intelligenza del quotidiano”, come ama descriverlo il magnate australiano delle comunicazioni che ha sborsato 30 milioni di dollari per portare, al costo di 99 centesimi per settimana, il suo nuovo giornale sulla tavoletta più venduta del mondo (solo nel periodo di Natale ne sono state vendute 5 milioni). Murdoch punta a 800 mila abbonati in tempi brevi e per il suo progetto sono già stati arruolati ben 100 giovani giornalisti professionisti con una seria preparazione accademica. Un esempio? Abigai Jones, due master in giornalismo alla Columbia University e all’Università di Edinburgo.

Così, da una sponda all’altra dell’Oceano, torna a rimbalzare la domanda che tutti si fecero quando la tavoletta della Apple sbarcò sul mercato: l’iPad potrà salvare il giornalismo dalla crisi dell’editoria? Tutto sembra spingere in questa direzione. Come ha predetto il CES, la fiera di Las Vegas sulle nuove tendenze della tecnologia, il 2011 sarà l’anno della febbre da tablet.

Partiamo dai numeri. Nel 2010 è continuato il declino nelle vendite dei quotidiani, una tendenza che sembra continuare anche nel 2011. Solo in Italia nell’anno appena trascorso la raccolta pubblicitaria dei quotidiani cartacei è calata del 16 per cento. Un dato in linea con il resto d’Europa. Si pensi che in Gran Bretagna il Guardian ha registrato un meno undici per cento, il Telegraph meno dodici e il Time addirittura meno diciassette. Sul versante telematico, la raccolta del Financial Times è cresciuta del dieci per cento da da quando ha attivato la sua versione per iPad.

Se è vero che l’84 per cento di chi possiede un iPad dice di usarlo prevalentemente per leggere le news per almeno 30 minuti al giorno, secondo quanto riporta un sondaggio condotto dal Raynolds Journalism Institue, un giornale come The Daily potrebbe essere la sintesi di ciò che il giornalismo necessita, l’impulso alla sopravvivenza dell’editoria.

Le premesse quindi ci sono tutte. Ma potremmo chiederci, che cosa ci darà in più l’iPad rispetto agli standard raggiunti dai giornali online negli ultimi anni? Il problema è sempre lo stesso: finché ci saranno dei giornali che offriranno notizie gratuitamente, difficilmente gli utenti sceglieranno di pagare per avere contenuti tutto sommato equivalenti.

Non solo. In America ci si chiede, perché pagare una app del Wall Street Journal per l’iPad 18 dollari quando posso abbonarmi alla versione on line per 8.62 dollari al mese e addirittura avere il giornale recapitato a casa per 9.92 dollari al mese? E infatti, il WSJ non può vantarsi di aver raggiunto i 10.000 abbonamenti su iPad, considerando che il giornale cartaceo vende due milioni di copie al giorno.

Anche magazine come Wired (USA), che appena sbarcato su iPad vantava 100.000 abbonamenti, nel giro di pochi mesi li ha dovuti ricontare: erano diventati 20.000. E questo perché, per entrare nelle spese, ha dovuto aumentare il prezzo dell’abbonamento su iPad. Quattro dollari per un download vuol dire lo stesso prezzo di oltre 140 pagine colorate e “palpabili” comprate dal giornalaio.

Lo stesso Allen Murray, editorialista del Wall Street Journal ha qualche dubbio: “Non capisco perché tutti si chiedono se l’iPad salverà il giornalismo. Esistono le app, ma esiste anche il web. Perché un quotidiano che offre i suoi contenuti gratuitamente su internet dovrebbe salvarsi grazie all’iPad solo perché questo rende più facile l’accesso a quei contenuti? I vecchi media devono prima ripensare al loro modello di business e non credo che l’iPad sarà in grado di ripensarci al posto loro”.
Quindi, sostengono gli esperti, la tablet più famosa del mondo non sarà in grado di salvare le aziende editoriali. A meno che non sia il giornalismo a salvare prima se stesso. Puntando sulla qualità dei contenuti, adeguandosi alla nuova generazione di lettori, quella touch screen per intenderci. Lo disse già nel 1991 il visionario scrittore austriaco Ivan Illich, che sosteneva la necessità di “coltivare una molteplicità di approcci alla pagina”. Insomma, non è sempre vero che la tecnologia crea il mercato. E’ solo un’opportunità in più.

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