Il Duomo di Milano illuminato per la nottePioveva a Milano. Una sottilissima pioggia visibile solo se l’occhio contrastava con il margine di un alto e scuro tetto del condominio opposto e il grigio del cielo.

Pioveva a Milano sul mio umore altalenante.

Pioveva a Milano con una nebulizzazione perenne di acqua fredda che senza alcuna pausa mi bagnava i pensieri giù in fondo fino all’anima.

Pioveva a Milano sui palazzi intorno a via Vincenzo Monti, bagnando e facendo brillare il loro lusso. Magnifici androni, decori ricchi e sobri, antiche vetrate che ti introducono a sontuose scale. Mirabolanti antichi ascensori. Ingressi di palazzi che per qualità di italiana artigianale fattura potrebbero fare a gara con Parigi e vincere.

Piove a Milano sulle cancellate grigie di queste dimore che si son fatte fortino, blindandole oltremodo con telecamere illuminate e illuminanti a difesa delle proprie paure.

Piove a Milano, muta alle voci altrui, immersa in un silenzio intriso di solitudine che ti fa correre con ansia dentro un tram che per fortuna sferraglia rumorosa-mente sui suoi binari trasportando il mondo e portandomi nei pressi di un felice Teatro pieno di gente cortese.

Piove a Milano sulla macchina della polizia messa a guardia non si sa più di che cosa. Fumano rattrappiti dal freddo dentro la loro Pantera, e non so perché, il cervello mi linka Veronica in pè! Vorresti offrirgli un caffè sperando così di vederli riprendere calore e colore. Ti allontani pensando alle loro vite, al loro sud, ai loro bar, alle loro piazze, alle loro pizze, alle loro pazze e bellissime piazzate per ogni occasione.

Ma piove a Milano, e ti chiedi perché il farmacista sia così gentile nel chiedere all’anziana signora se ha già delle aspirine in casa, perché niente di meglio lui ha da vendergli per il suo raffreddore, passando poi a far quattro, per lei rincuoranti, chiacchiere. E così via a non vendere e a dar consigli a tutti da quel suo banco pieno soltanto di farmaci con una loro naturale serietà. Niente pillole dimagranti, niente pillole miracolose, senza inutili balocchi, senza alcun acchiappa-citrulli.

Piove a Milano, città che scopri sempre di più entrando nella bottega di un occhialaio che non vende montature griffate e si e ti consola dicendoti a chiare lettere che “Le custodie, quelle sì hanno un loro valore! Tutto il resto è fatto in Cina e io rimango qua, come, mi perdoni la parola, un pirla, a vendere quello che mi piace vendere come faceva mio padre 50 anni fa”.

E la merciaia che, delusa di non poter soddisfare la tua richiesta, ti dona un carillon, certamente preparato come regalo natalizio per i suoi vecchi clienti.

Milano che ti accoglie alla Cantina della Vetra sparecchiando rapidamente un tavolo, apparentemente scomodo davanti alle cucine, sostanzialmente il più vicino all’anima di quel posto, fra affettati lombardi e un’indescrivibile burrata che è schizzata prima in classifica fra tutte le burrate che ho incontrato in vita mia. E via a mangiare quel che la brigata di cucina sfornava e spadellava con verità di sostanza, ormai sempre più rara. E il proprietario che nell’attesa ti aveva già servito un bianco biologico “Jas d’Escans” Còtes de Provence 2009, non ritrovato sul conto, e un “Ronchedone” Bresciano Rosso Benaco 2006 “Cà dei Frati” fantastico, per quello che abbiamo mangiato, per il sole che ha acceso dentro di noi che lasciavamo Milano dopo quella cena, scaldati dall’affabilità, che pensavamo scomparsa, dei suoi cittadini.

La brace è ancora accesa, e la cenere che la soffoca non riesce però a spegnerla e al primo vento qualcosa si incendierà. Dobbiamo solo sperare che sia legna di un caminetto condiviso e non fuoco di macchine incendiate messe di traverso agli incroci. Sperando di dar risposte e far domande a quei giovani che tutte le notti tritano bottiglie fra Porta Ticinese e le colonne di San Lorenzo, di dar risposta a un precariato puntualmente licenziato da un becero capitalismo che del tuo essere formato perde la sua memoria e parla d’altro, come se il paese che verrà non fosse quello che ci salverà. Senza più bauscia e con milanesi provenienti da tutto il mondo in quella Fucina di grande Creatività. Viva Milano!

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