Man mano che si avvicina il referendum lo scontro politico e sindacale attorno a Mirafiori si fa sempre più duro. La Fiom, in particolare, è presa di mira da più parti indicata come il sindacato che “vuole fare politica” o che “sa dire solo no”. Chi non si sottrae a un simile esercizio, ad esempio, è il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, che ancora ieri, in un’intervista al Corriere della Sera, invitava Susanna Camusso a mettere a posto la categoria ribelle. “Noi nel 1991 abbiamo espulso la componente contestataria di Tiboni” ha spiegato Bonanni dicendosi disposto a un nuovo patto sulle regole a condizione che poi la Cgil le faccia rispettare anche alla Fiom. Bonanni si è subito attirato la replica di Giorgio Cremaschi, della sinistra Cgil, che lo ha definito senza tanti complimenti “mosca cocchiera di Marchionne”. A difesa della Fiom continua a schierarsi anche l’ex segretario Cgil, Sergio Cofferati, che ha di nuovo accusato Susanna Camusso di violazione dello statuto Cgil con la sua ipotesi di “firma tecnica”. Cofferati ha poi dichiarato la propria adesione all’appello di Micromega e annunciato la sua presenza in piazza il 28 gennaio, data dello sciopero generale proclamato dai metalmeccanici di Landini.

A fare acqua, in ogni caso, è il ritratto di una Fiom dipinta come il “sindacato che sa dire solo no” e che non firma mai accordi. Basta scorrere l’elenco di quelli siglati negli ultimi mesi insieme a Fim e Uilm per rendersi conto del contrario. Si prenda l’intesa Indesit siglata a inizio dicembre. L’azienda del gruppo Merloni ha infatti chiuso gli stabilimenti di Brembate e Refrontolo trasferendo la produzione a Caserta e Fabriano. I sindacati hanno ottenuto la tutela del posto del lavoro per circa 510 lavoratori e un investimento di 120 milioni di euro. Un accordo approvato all’88 per cento dal referendum che si è svolto il 15 dicembre. Nel gruppo Ilva è stato invece siglato l’accordo integrativo che in contro-tendenza nazionale ha visto l’aumento del premio di produzione, il rafforzamento dei Rappresentanti per la sicurezza e degli inquadramenti. Allo stesso tempo è stato siglato un ulteriore accordo per la stabilizzazione dei lavoratori con contratto di somministrazione superiore ai 24 mesi. Molto meno vantaggiosa l’intesa siglata all’Alenia, l’azienda legata a Fin-meccanica e specializzata nella costruzione di aerei. Di fronte al progetto di riduzione del personale per quasi tutti gli stabilimenti italiani Fiom, Fim e Uilm hanno siglato un accordo che ha previsto la messa in mobilità di 787 lavoratori, la metà dei quali nell’area campana di Pomigliano e Nola.

Per restare nell’ambito militare a giugno del 2010 è stato firmato l’accordo sul riassetto dell’Elettronica della Difesa, Ambiente e Spazio in particolare per le aziende Selex Galileo e Elsag Datamat. Alla Sirti, società leader nel settore Telecomunicazioni, dopo la riduzione di personale realizzata nel 2009, nel 2010 è stato siglato un ulteriore accordo per la cassa integrazione di 12 mesi per 544 lavoratori. Alla Alcatel, invece, la crisi ha significato la messa in mobilità per 532 lavoratori.

L’aspetto curioso della storia è che degli ammortizzatori sociali, e del consenso della Fiom, ha beneficiato anche la Fiat. Ad esempio con i due accordi sottoscritti per la Cnh a Imola e Lecce con cassa integrazione in deroga e mobilità. La cassa integrazione è stata poi utilizzata anche alla Iveco di Brescia – oltre che in tutto il gruppo Fiat come dimostrano i casi di Mirafiori, Melfi e Pomigliano. Infine, con il via libera di Fiom, Fim e Uilm, la Fiat ha acquisito dalla Manutencoop Facility Management Spa, l’azienda che si occupava della manutenzione degli immobili civili e industriali del gruppo automobilistico, il relativo ramo d’azienda Un’acquisizione che ha comportato il passaggio per una ventina di lavoratori. Poca roba, nell’universo Fiat, ma ai quali sono stati garantiti tutti i diritti pregressi, in particolare l’applicazione del Contratto nazionale di lavoro, quello che è stato di fatto abolito a Pomigliano e Mirafiori.

da Il Fatto Quotidiano del 6 gennaio 2011

Articolo Precedente

La vergogna di Mirafiori dopo Pomigliano

next
Articolo Successivo

Rosarno, un anno dopo è sempre più inferno

next