Fate finta di essere anche voi padri di un bimbo di quattro anni, e di essere tornati per dovere genitoriale al cinema come spettatori fissi dell’ultimo Disney, e di tutti i film di animazione che approdano sul grande schermo. Fate finta di guardare i film per bambini con la certezza che ormai sono film per adulti: camuffati sapientemente per piacere anche ai vostri piccoli ma – in realtà – scritti direttamente per voi. Fate finta per un attimo che, partendo da questa certezza, si possa vedere Rapunzel come un film che costruisce una incantevole metafora sull’isolazionismo, sulla piccola patria, sulle menzogne contrabbandate per perpetuare l’inganno. Ecco, fatta questa premessa, si può affermare senza ombra di dubbio che Rapunzel è un film che pare scritto come un manifesto contro la guerra di Jugoslavia, contro i nazisti dell’Illinois, ma soprattutto contro la Lega, anche se forse a Disneyland non hanno ancora scoperto le potenzialità satiriche di quel personaggio da cartoon che è Umberto Bossi.

Per verificare sappiate che la trama è questa. La nostra Rapunzel è una principessa bimba che viene rapita in fasce da una strega. Ha mangiato un fiore magico che le dona un potere particolare. Quello di regalare la giovinezza eterna a chi le carezza i capelli quando canta. La strega la usa per combattere la sua vecchiaia, ma non si accontenta di questo. Non la tiene prigioniera. La inganna. Le racconta, insomma, di essere sua madre, e di essere in apprensione per lei. Le racconta che il mondo fuori è feroce e crudele, pieno di pericoli. La porta a vivere in una valle nascosta, la rinchiude in una torre da cui si può scendere solo scorrendo le lunghissime trecce della sua bambina. La strega cresce Rapunzel nell’inganno della menzogna, nell’abbraccio affettuoso e mortale del paternalismo: io voglio il tuo bene, e tu non devi mai abbandonare la tua torre isolata, perchè solo lì sei protetta e al sicuro. Non devi parlare con nessuno, perché gli altri vogliono solo il tuo male, ti ingannano e ti corrompono, sono sempre pronti ad approfittare di te.

Vi ricorda nulla tutto questo? Praticamente pare un manuale delle guardie padane. La piccola torre può essere anche la Padania, anzi lo è. Cosa rompe la prigionia? Qui il film ha una grande intuizione poetica e un intreccio intrigante. Infatti Rapunzel, che finisce per volere bene alla sua aguzzina perché lo chiede, vive una premonizione di inganno, una visione della libertà. Ogni anno, infatti – sequenza meravigliosa – il re e la regina che non si sono rassegnati al rapimento della loro bimba, nel giorno del suo compleanno fanno liberare in cielo agli abitanti del loro regno centinaia di lanterne cinesi. Una pioggia di luce che arriva anche all’angolo di cielo che Rapunzel vede dalla sua torre e crea in lei l’istinto di raggiungere quella sorgente di luce.

E poi c’è l’eroe. Non un principe, ma un bandito, che fugge dal regno e approda nella valle nascosta. E’ lui che aiuta la pulzella a fuggire dalla torre, dalla sua prigione psicologica e incantata. Come sarebbe bello prendere questo Disney e farlo vedere ai democratici esangui che ripetono tutte le note puttanate sulla Lega: “è radicata nel territorio”, “pone problemi reali”, “sa parlare alla pancia della gente”. Come sarebbe bello se potessero capire, con questo film, quello che a mio figlio di quattro anni è chiaro: le prigioni dell’ideologia e della xenofobia non portano da nessuna parte, non sono una impresa vincente, sono un abbraccio asfittico. Basta una fiaba ben raccontata per infrangere le catene.

Articolo Precedente

Mentre tutto collassa

next
Articolo Successivo

Le magiche atmosfere degli Armoteque

next