Nei prossimi giorni, strenna natalizia, arriva in libreria un cofanetto, edito da Limina, composto da un dvd e un libro, dal titolo Le parole del futuro. La ballata di Nichi Vendola. Ho curato e scritto il libro; sono l’autore di Nichi, uno dei due film principali contenuti nel dvd: ebbene sì, sto facendo pubblicità!

Il libro è diviso in tre parti: la prima è la descrizione, attraverso le loro parole, dell’intenso rapporto intercorso tra Nichi Vendola e Don Tonino Bello.

La seconda è un racconto, frutto di finzione, ispirato dall’incontro di Nichi con la guerra, a Sarajevo.

La terza sono le parole del futuro su cui sta scommettendo Nichi Vendola.

Perché sia chiaro: per me Nichi Vendola è il futuro.

Nel dvd ci sono due film, girati nel 2005: il mio Nichi e C’è un posto in Italia di Corso Salani, che per la prima volta esce in dvd, dopo una fugace e notturna proiezione televisiva di qualche anno fa.

Il film Nichi è il mio primo, necessario film da regista.

Che poi è un atto d’amore nei confronti di un uomo. Di un’idea. Di un partito che non c’è più.

E’ un modo di ricordare Enrico Berlinguer.

E’ lo stupore di scoprirsi insieme a rileggere le Ceneri di Gramsci.

E’ l’emozione che nasce dalla rabbia.

E’ la sfida impossibile.

E’ la parola che genera il sogno.

E’ la paura.

E’ comunismo. Cattolicesimo. Poesia. Lotta. Fabbrica. Famiglia.

E’ una fiammella di speranza che si accende, in un paese, l’Italia, che sta rotolando verso il baratro.

E’ l’orgoglio di essere dalla parte di chi perde.

E’ il respiro irregolare dei bambini.

E’ la sfida di fare un film che dura cinquantadue minuti, di cui quarantacinque sono parole.

E’ la gioia di avere vinto, per una volta.

Il secondo film è il frutto dell’ incontro suggerito tra Corso Salani e Nichi Vendola.

Il giorno in cui si seppe che Nichi Vendola aveva vinto le primarie del 2005 in Puglia, mi telefonò il mio amico e collaboratore Alessandro Contessa per propormi di produrre una cosa sulla prossima campagna elettorale di Vendola. Sabato 19 febbraio 2005 mi misi in viaggio da Roma verso Bari, con una telecamera tra le mani, per  assistere al comizio di apertura della campagna elettorale. Quel giorno Nichi mi sconvolse e mi conquistò. Dissi ad Alessandro che non solo avrei prodotto il film, ma che mi sarebbe piaciuto anche esserne autore. Decidemmo comunque di coinvolgere nel progetto anche Corso Salani, perché io non sono un regista. Nei giorni successivi decidemmo che avremmo lavorato insieme, io e Corso, “Corsone mio”, ma per produrre due ‘cose’ diverse, in  tempi diversi.

Io avrei seguito il primo film in ordine di tempo, appunto Nichi.

Corso, da parte sua, avrebbe fatto dei comizi nelle piazze di centocinquanta comuni, una specie di road movie attraverso la Puglia. Iniziò a filmare pieno di scetticismo: anche se gli era stata data assolutamente carta bianca, non era abituato a lavorare su temi commissionati. Eppure, rivedendolo oggi, fece un film assolutamente suo, con quell’insistere e indugiare sui volti che diventano personaggi, con il coraggio di raccontare i tempi lunghissimi di un sogno di vittoria, con il soffermarsi sui sorrisi delle donne, con il suo mettere a nudo gli imbarazzi del corpo che riprende ed è ripreso dalla telecamera, riuscendo anche in questo film a raccontare di un viaggio, di un confine, di un amore.

Quando Corso incontrò Nichi Vendola, non ci furono tra loro molte parole. Nichi, tra un comizio e l’altro, si soffermava ogni tanto ad osservare la grazia, il sorriso e la calma del regista; Corso scavava l’anima di Nichi con la sua arma di sempre.

Di quell’incontro ci ha lasciato semplicemente un film intimamente suo.

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