Ormai il Cavaliere non stuzzica più la pancia dei suoi elettori. E nella domenica della grande chiamata molti disertano le piazze di Roma e Milano. Meglio lo shopping natalizio al politichese che dalla Capitale rimbalza fin sotto al Duomo. Dove il Pdl sceglie di parlare nello stesso luogo in cui, un anno fa, deflagrò il caso Tartaglia. Berlusconi doveva intervenire telefonicamente, ma il collegamento salta. Impegni urgenti. E’ la voce che rimbalza da palazzo Chigi. Insomma, mentre gli altri riempiono le platee (dal Partito democratico, all’Italia dei Valori fino a Futuro e libertà) la truppa azzurra si ritrova davanti a un pubblico asfittico. Quasi annoiato. Probabilmente rassegnato alla deriva. E così nel vuoto pneumatico in trincea ci sale Ignazio La Russa, uno che di piazza se ne intende. Dal palco il ministro della Difesa si compiace del “clima gioioso”, dopodiché attacca “il solito cretino” che disturba l’omelia del Pdl. E alla fine, tra un commento sul vicesindaco di Milano (la Moratti vorrebbe darlo alla Lega, lui invece nicchia), si candida a ultimo mediatore per raccattare manciate di voti e condurre in porto la fiducia di martedì mattina.  In agenda gli indecisi e i sei parlamentari Radicali. A fargli da spalla, il ministro Brambilla organizzatrice dei gazebo che da giorni puntellano le piazze italiane. Di contorno, la solita pletora di politici e affaristi milanesi.

A due giorni dal voto (quello decisivo si terrà il 14 dicembre alla Camera dove si voteranno ben due mozioni di sfiducia), molti fanno pretatttica. Dubbi e paure si mascherano dietro a parole solo apparentemente forti. Gianfranco Fini, ad esempio, annuncia le sue dimissioni se il Cavaliere dovesse festeggiare la vittoria con più di dieci voti. Tradotto: Berlusconi porobabilmente otterrà la fiducia, ma con numeri più risicati. Quindi fotografa la situazione: “Fino a che c’è il legittimo impedimento Berlusconi ha tutto l’interesse di restare attaccato a palazzo Chigi”.

Intanto, però, a palazzo Grazioli il voto del 14 non è ritenuto un grosso problema. L’importante è traghettare la nave oltre le secche della sfiducia. Dopodiché i giochi si sparigliano sui tavoli del palazzo. Anche perché il vero obiettivo del presidente del Consiglio sarà il 15 dicembre e le settimane che verranno. Al centro della discussione c’è infatti l’ipotesi di un corposo rimpasto. Da palazzo Chigi si parla di ben undici poltrone tra cui due ministeri. La strada, nella testa dei vertici del Pdl, sembra già tracciata. E porta verso l’Udc di Pierferdinando Casini. “In Europa siamo insieme, in Italia no, questa è la vera anomalia”, ha commentato Berlusconi aprendo i giochi. Non solo. Il Cavaliere ha accolto con piacere il disappunto di Casini per non essere stato informato da Bocchino dell’incontro riservato con il presidente del Consiglio. La speranza è quella di affossare il Terzo polo ancora prima che nasca. Quel Terzo polo che “vuole farmi fuori”, ha detto ieri il capo del governo. Certo per Casini la decisione non è facile. Scegliere di entrare nell’esecutivo senza contropartite di rango (c’è chi ipotizza addirittura il ruolo di premier con il Berlusca ministro) può essere un rischio se si dovesse poi andare a elezioni. Diffcile, infatti, capire quanto una tale scelta influenzerà (negativamente) l’elettorato.

I calcoli però vanno fatti tenendo conto della Lega nord. In questi giorni i vertici del Carroccio stanno silenziosi. Solo Giancarlo Giorgetti, responsabile degli Enti locali, ha fatto sapere che Casini resta off limit. Umberto Bossi, invece, dopo giorni di silenzio oggi ha rilasciato una dichiarazione all’Ansa: “Se Berlusocni – ha detto – ha fatto bene i suoi calcoli avrà la fiducia”. Da via Bellerio, intanto, fanno sapere che il senatur sta attendendo solo il verdetto di martedì. Fiducia o sfiducia. L’idea è quella di giocare alla svelta (entro primavera) la carte delle elezioni. E Casini al governo, al 99%, renderebbe questa possibilità irrevocabile. Resta, però, sempre il dubbio che attualmente la Lega viva sotto scacco da parte di Berlusconi. La storia è nota da anni e ipotizza la proprietà del simbolo leghista da parte dello stesso Berlusconi. Ipotesi mai confermata, ma che se dovesse rivelarsi esatta, stravolgerebbe la pancia dell’elettorato leghista già scontento della conduzione politica da parte di Berlusconi. Al di là di tutto, la speranza del premier è quella di resistere fino a gennaio per varare un Berlusconi bis con 325 deputati. Numeri discreti che aprirebbero la prospettiva di arrivare a  fine legislatura. A quel punto, il Cavaliere potrebbe anche passare la mano. Il tema resta caldo a palazzo Grazioli. Tanto che B. avrebbe identificato anche il suo successore: il ministro della Giustizia Angelino Alfano.

Per ora, però, il dato è che la piazza non risponde più all’appello del Pdl. A così risuonare è stata solo la voce di La Russa che, riferendosi alla lettera presentata ieri da Moffa e Augello per scongiurare il voto della sfiducia tra i finiani, si è detto è disposto ad incontrare subito “Moffa e gli altri firmatari della lettera”. “Abbiamo sempre detto di essere disposti a discutere, non è una novità – ha spiegato La Russa -. Naturalmente ci deve essere la buona fede perché se l’unico obiettivo é far cadere Berlusconi allora non c’è nessuna trattativa. Se vogliono solo che si dimetta – continua – non c’è niente da discutere. Purtroppo però Fini ha chiuso la porta da molto tempo”. Il titolare della Difesa ha anche reso noto di aver già fissato un incontro con Pannella e i deputati Radicali che si terrà prima del voto di fiducia di dopodomani.

Tentativi di difesa ad oltranza sono rimbalzati anche da Roma. Con il ministro Meloni per la quale “è in atto un tentativo di ribaltare la sovranità nazionale con il pretesto di un governo che non ha fatto il proprio dovere”. Convinto di un voto positivo anche  Gasparri: “Incasseremo la fiducia alle Camere e prima di Natale regaleremo all’Italia la riforma dell’università”. Fiducioso anche il ministro della pubblica amministrazione Renato Brunetta: “Il governo otterrà la fiducia alla Camera e al Senato martedì prossimo, poi proseguirà nella sua attività fino a gennaio, quando bisognerà valutare se i numeri saranno ancora dalla parte dell’esecutivo”. Brunetta ha esposto nel dettaglio la tabella di marcia del governo: “Martedì avremo la fiducia, come sto dicendo ormai da qualche mese, al Senato ed alla Camera. Al Senato dal giorno dopo nell’arco di un giorno o due, si dovrà approvare la riforma universitaria; poi faremo altri due cdm in cui approveremo il codice digitale, la digitalizzazione della P.A., la riforma della giustizia e si andrà avanti con l’azione di governo”.

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