Vignetta di Mario NatangeloLa situazione politica (il quadro politico) è in fermento. Il trio Fini-Casini-Rutelli sguinzaglia fantasie imbarazzanti. L’opposizione rantola vivamente. “Il premier vada – o venga – a riferire in parlamento”. La camera dei deputati chiusa fino al 14 dicembre. Napolitano asserragliato nel suo studio ricorda Allende nel Palazzo della Moneda. C’è aria da colpo di stato, se solo ci fosse uno Stato da colpire.

Tutti gli elementi per un ritorno dei partigiani Nap e Nat (chi segue questo blog ha già letto circa cinque episodi di questi due tizi), un ritorno pirotecnico, un’avventura da fine regime, di quelle conclusive, vagamente epiche. Avevo solo bisogno di un pomeriggio tutto per loro. Un pomeriggio, un posto tranquillo, un paio d’ore, una matita e quattro fogli. Avevo anche tirato le righe sul foglio.

Ma poi ecco l’imprevisto, l’indesiderato. Anche una cosa sciocca come disegnare pupazzielli su un foglio richiede la sua attenzione, ha i suoi preparativi, i suoi riti. Ero lì pronto, matita sul foglio, quando la società godereccia e senza più valori mette i bastoni tra le ruote alla creazione artistica e così un normale pomeriggio dedicato all’arte viene bassamente disturbato dallo sfascio etico e sociale di quest’Italia allo sbando.

Tutto questo per dire che anziché un Nap e Nat alle prese con i colpi di scena di questi ultimi scampoli di Seconda Repubblica, sono stato costretto a mettere nero su bianco il dramma di un vignettista che non riesce a concentrarsi sul suo foglio, asserragliato come Napolitano e come Allende, nel suo “studio”.

Perchè? Eccolo spiegato in queste cinque tavole.

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