Nel pianeta Pandora della politica italiana il governo Berlusconi morente, assediato da belve ringalluzzite (dopo anni di strisciamenti vari e servili adulazioni) dalla prospettiva di poterselo finalmente sbranare, al tempo stesso diffidando dei presunti fedeli (i più messisi in proprio. A cominciare dal ministro Sandro Bondi, insospettabile nelle nuove vesti di playboy di Novi Ligure), è ormai alla disperata ricerca di un robusto e vigoroso avatar in cui trasferirsi. Un contenitore mobile, ottenuto mescolando DNA berlusconiano con quello alieno (ad esempio l’azzurrino dell’epidermide del prototipo cinematografico rivelerebbe tracce genetiche riconducibili all’abruzzo-selenita Gianni Letta), che assicuri salvezza perpetua al leader.

Gli scienziati di Casa Arcore sono al lavoro per predisporre l’auspicata reincarnazione e – intanto – girano al riguardo varie ipotesi:

La più classica e sperimentata resta sempre la “Soluzione Bicamerale”, vernacolarmente definita “inciucio”, che coinvolgerebbe il clan dei “furbissimi autogoleador”; ossia le tribù che fanno capo a Massimo D’Alema e Walter Veltroni, tradizionalmente concorrenti ma che riescono sempre a ricompattarsi quando c’è da montare una trattativa pasticciata e autolesionista con Silvio Berlusconi, alla fine della quale loro risulteranno regolarmente fregati ma con la sensazione di aver portato a casa inesistenti vantaggi (riandando alla preistoria: per Valter il via libera al varo del duopolio Rai-Mediaset a fronte del contentino di RAI 3 affidata al PCI di allora; per Massimo l’immediato siluramento in quel di Gargonza del “Progetto Ulivo”, non appena questo era riuscito a prevalere elettoralmente sulle armate avversarie. Di fatto la prima zeppa sul cammino tribolato del governo Prodi Uno, che schiuse al callido di Gallipoli l’opportunità di giocare in prima persona al gioco del premier, almeno per qualche mese. E fu la stagione dei “capitani coraggiosi” che saccheggiarono Telecom, della “merchant bank dove non si parla inglese”…).

Purtroppo Walter e Massimo, il duo slapstick (cadute esilaranti e torte in faccia alla Ridolini, ma sempre prendendosi molto sul serio) della politica italiana, sembrano in condizioni malandate almeno quanto il Berlusca. Comunque mai quanto quelle del sempre più commovente Marco Giacinto Pannella, che si aggira dalle parti di Montecitorio in tenuta da ambulante offrendo accendini, fazzolettini di carta e il pacchettino-voti radicale, in cambio di un modesto obolo di attenzione.

Insomma i grandi “mestatori pasticcioni” del tempo che fu sono finiti nelle loro stesse trappole, tanto da non risultare arruolabili in nuove avventure-catastrofe.

Questa la ragione per cui si impongono altre strategie, in cui gli elementi insoliti inducano apparentemente la sensazione di un cambiamento reale. Ossia la “Soluzione Gattopardo”. Per cui Italo Bocchino, in passato uno dei più coinvolti nell’operazione di pura calunnia denominata Telekom Serbia, ora possa apparire una sorta di “bocca della Verità”; per cui Pierferdinando Casini, intercettatore di tutto l’affarismo proveniente dalle antiche sentine democristiane e non solo (l’opposizione UDC alla candidatura Vendola in Regione Puglia quanto dipendeva dall’interesse di un certo gruppo Caltagirone per la privatizzazione dell’acquedotto Pugliese?), ora venga chiamato a svolgere il ruolo di salvatore del sistema democratico; per cui Gianfranco Fini, quello che ci ha messo quarant’anni a capire che Benito Mussolini non era il più grande statista della storia e quindici per inquadrare Silvio Berlusconi, sia accreditato quale lungimirante rifondatore della destra italiana; per cui l’uomo COOP Pierluigi Bersani possa comportarsi da leader di qualcosa.

Ossia traghettare definitivamente l’essenza del berlusconismo nell’antiberlusconismo. Dunque, non solo trovare la più comoda via d’uscita ai guai giudiziari del Cavaliere (i tipi di cui sopra glielo hanno già promesso in tutte le salse), ma soprattutto mantenere indenni le “grandi acquisizioni di civiltà” derivanti da un ventennio di egemonia berlusconiana (dalla “politica dei personaggi”, che trasforma la democrazia in talk show, all’egemonia della neoborghesia affaristica che marginalizza politicamente il lavoro, al protettorato Vaticano su una miriade di partite socio-economiche aperte, a partire da scuola e sanità).

L’avatar antiberlusconiano come cavallo di troia del berlusconismo è certamente la prospettiva più intrigante. Ma evidenzia una non trascurabile difficoltà tecnica, rappresentata dalla Lega; che – così – perderebbe il ruolo di puntello governativo grazie al quale ha rimpannucciato in statisti un’allegra combriccola di amici all’osteria. Rendita posizionale cui non intende minimamente rinunciare. Per cui meglio sarebbe – dal loro punto di vista – la “Soluzione Edipica”, con un tipo alla Tremonti, quinta colonna bossiana nella compagine governativa, che assicurerebbe continuità di indirizzi accantonando il boss declinante: in effetti, più che avatar, il Bruto (tu quoque) della situazione.

Comunque, resta sempre disponibile la “Soluzione Anime Belle”, magari con il solito Mario Monti che balza fuori dalla cassetta pronto intervento di Università Bocconi ad assicurare una spruzzatina di innocuo perbenismo e la garanzia sottostante che nulla di significativo verrà mai toccato.

Staremo a vedere. Fermo restando che nel pianeta Pandora della politica italiana il ricambio privilegia sempre forme di reincarnazione in un qualche avatar. Un tempo lo si chiamava “trasformismo”.

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