“Un Paese che non difende il suo patrimonio culturale è un Paese malato”. Sono dure le parole di Stéphane Lissner, sovrintendente e direttore artistico della Scala di Milano, nel giorno in cui il settore dello spettacolo sciopera contro i tagli previsti in finanziaria. “La situazione è grave e non nascondo una grande preoccupazione”, commenta. Anche il tempio mondiale dell’opera rischia la crisi, se le risorse del fondo unico per lo spettacolo saranno davvero ridotte. E questo nonostante la Scala sia uno dei teatri che in Italia hanno meno problemi a trovare finanziamenti, visto che “solo il 40% delle entrate nel nostro bilancio arriva da contributi pubblici”.

Nel suo discorso all’incontro organizzato alla Camera del lavoro meneghina dal sindacato Slc-Cgil, il sovrintendente sottolinea come il contributo dello Stato alle attività culturali è fondamentale e ribadisce quanto detto cinque anni fa, all’inizio del suo incarico: “La Scala ha una missione di teatro pubblico”. Certo, i privati possono dare un aiuto, “ma che si sostituiscano allo Stato è impossibile, non esiste e non esisterà mai”. Lissner porta la sua solidarietà a tutto il mondo dello spettacolo e della cultura, a due settimane dal crollo dell’Armeria dei gladiatori di Pompei. “Nel momento in cui l’Italia si prepara a celebrare i 150 anni dall’Unità – dice – è paradossale che non rispetti i valori che la rendono unica”.

Critico nei confronti del governo è anche Sergio Escobar, direttore del teatro Piccolo di Milano, che denuncia: “Vogliono tagliare del 36% il fondo unico dello spettacolo, che rispetto al 1985 ha già perso i due terzi del suo valore reale”. Secondo Escobar la mancanza di risorse mette a rischio la sopravvivenza dell’intero sistema dei teatri, mentre nessuno si preoccupa di ridurre gli sprechi: “Tremonti ha detto che la cultura non si mangia, che con Dante ci fai un panino. Si facciano un panino con i 300 milioni di euro che, come ha detto il ministro Brunetta, sono il costo della benzina per le auto di servizio”.

Dal palco urla la sua denuncia l’artista Moni Ovadia: “Milioni di euro se ne vanno in evasione fiscale, corruzione, mafie, sprechi. Non è vero che non ci sono i soldi per la cultura. La verità è che li rubano”. Partecipa alla protesta anche Toni Servillo, che ha annullato una recita prevista in serata al teatro Piccolo. “In Europa ci sono comuni che per la cultura hanno stanziamenti pari a quelli che noi abbiamo per l’intero Paese. Così molti teatri rischiano di chiudere, soprattutto quelli che accettano la sfida dei nuovi linguaggi”. Il suo pensiero va poi alle donne e ai giovani che lavorano nello spettacolo, magari senza andare in scena. Tra le 300 persone che seguono l’incontro ci sono gli studenti del teatro scuola Paolo Grassi di Milano, preoccupati per il loro futuro: “Se la Scala ha problemi – commenta Andrea Romano, 20 anni – figuriamoci tutte le realtà che non sono la Scala, come le compagnie più giovani”.

Articolo Precedente

Via la Aldrovandi per far posto a Maroni

next
Articolo Successivo

Da Mitterand a Berlusconi, la successione
in democrazia

next