Gli oltre 2800 commenti al mio articolo sulle critiche di Beppe Grillo a Roberto Saviano, molti dei quali critici, mi spingono a chiarire un paio di punti.

“Cara Beatrice Borromeo, i danni che hai fatto con questo articolo sono incalcolabili.
 
Hai solo animato un indegno tutti contro tutti. 
Che è l’ultima cosa che serve”. Ho scelto questo commento, ma ce ne sono molti altri simili: quando un lettore scrive che non bisognerebbe parlare di un fatto per non provocare certe reazioni, fraintende profondamente quello che dovrebbe essere il nostro mestiere. Chiedere a noi giornalisti di omettere delle notizie non è accettabile, a prescindere dalle conseguenze che implicano (in questo caso poi non mi pare una faccenda così delicata).

Sono andata a teatro a vedere lo spettacolo di Grillo senza alcuna intenzione di scrivere un articolo in proposito. Quando però ho sentito le sue critiche a Saviano, vista anche la reazione perplessa del pubblico presente, ho valutato che fossero una notizia. E la polemica che si è scatenata sul sito del Fatto lo conferma. Non credo però di aver scritto un pezzo né contro Grillo, né contro Saviano: ho semplicemente raccontato i fatti e, visto che ero curiosa delle reazioni della gente, sono andata a spulciare tra i commenti del blog beppegrillo.it notando che in molti stavano dalla parte dello scrittore di Gomorra.

Non conosco personalmente Grillo ma lo seguo e mi piace. Con Saviano siamo amici dai tempi di Annozero, e stimo molto il suo lavoro. Il punto è un altro: perché non ci si rende conto di quanto sia assurdo pretendere che persone così diverse tra loro la pensino allo stesso modo?

I vari Di Pietro, Grillo, Travaglio, Santoro, Vauro, De Magistris, Saviano, Vendola, Gabanelli, cioè quelli che una larga parte di pubblico (tra cui molti lettori del Fatto) considerano “i buoni”, sono diversissimi tra loro. E l’appiattimento che li ha resi quasi interscambiabili nella percezione di molte persone dipende a mio avviso dal fatto che sono l’unica opposizione che questo Paese conosce.

Ma tutti loro in comune hanno solo due aspetti: sono dei professionisti e sono onesti. Nulla di più. E in un contesto normale, con più libertà, questo non sarebbe sufficiente ad omologarli e a pretendere che stiano sempre tutti dalla stessa parte. Capisco la frustrazione di molti lettori perché è evidente che attraversiamo un momento in cui i punti di riferimento, per chi crede in certi valori, sono pochi. E sarebbe più semplice se facessero squadra. Ma non penso sia giusto. Quando Grillo incita Saviano a fare i nomi, a mio parere gli fa un favore: Roberto è diventato un simbolo della lotta alla mafia proprio perché è stato capace di farci conoscere i volti e le storie dei camorristi. E continuerà ad essere un esempio solo se non smetterà di lavorare in questo modo. Lo stesso discorso vale per tutti quelli che ho citato. E credo che il giorno in cui potranno criticarsi a vicenda senza che il loro pubblico si senta tradito, vorrà dire che siamo fuori pericolo.

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