“Eh, sono massacrato, mi vogliono licenziare”. All’ennesima lettera di richiamo inizia a preoccuparsi Loris Mazzetti, capostruttura di Raitre, responsabile della trasmissione “Vieni via con me” e collaboratore del Fatto. La missiva potrebbe precedere l’apertura di un nuovo provvedimento disciplinare e porterà – forse – al licenziamento, per colpa delle dichiarazioni rilasciate ai media, al Tg La7 e per le critiche scritte sul quotidiano. Ieri, dopo le critiche del ministro Roberto Maroni a Roberto Saviano e alla sua richiesta di replicare allo scrittore, il responsabile della trasmissione aveva detto: “Non credo che ci sarà la possibilità”.
Entro cinque giorni Mazzetti dovrà replicare alle contestazioni: “Ho esercitato il mio diritto di critica, – si difende lui – e respingo totalmente le accuse che mi hanno rigettato”. “Qui non si tratta di diffamazione, ciò che ha detto Saviano è stato ribadito da tutti i giornali e l’ha detto anche la Dia oggi. Certo lui l’ha fatto davanti a dieci milioni di spettatori, e ciò dà fastidio”.
E al microfono di Radio 24 dichiara “Considero Mauro Masi una persona intelligente e quindi mi appello alla sua intelligenza per non essere licenziato”.

“Tutti quanti abbiamo ecceduto, avremmo dovuto fare un passo indietro”, dice riflettendo sulla marea di dichiarazioni, critiche e attacchi di questi ultimi due giorni. “Visti i buoni rapporti di Saviano con Maroni era sufficiente un colpo di telefono, una chiacchierata”. “Se io e te abbiamo due opinioni diverse, tu che sei contrario a quello che dico devi avere il diritto di replica – considera –. D’accordo, ma allora perché solo il ministro può replicare e non anche chi è contrario all’eutanasia. E se c’è qualcuno a cui non è piaciuta l’interpretazione di Paolo Rossi allora dobbiamo dare spazio anche a lui?”, si chiede. Inoltre Maroni, “come ministro dell’Interno, ha tutti gli spazi a disposizione. E se poi reputa che l’abbiamo insultato, cosa che non è avvenuta, può rivolgersi a un magistrato e sporgere querela”.

Mazzetti pensa ancora che le critiche a Saviano degli esponenti leghisti siano infondate: “Non si può negare che la ‘ndrangheta interagisce con le imprese lombarde e certi amministratori, e non possiamo negare che la Lega ha fatto un po’ di pulizia”, però – secondo il responsabile della trasmissione – “qualcuno non ha sentito le parole di Saviano e gli sono state solo riportate da terzi”.

Poi esprime una preoccupazione: “Credo che ci sia altro: Saviano è sotto scorta e Maroni decide a chi dare la scorta. Mi auguro che ci sia il buon senso”.

In mattinata il ministro dell’Interno ha polemizzato con il capostruttura di Raitre ricordando un episodio: “Ebbi già a che fare con lui nel gennaio del 2002 – ha detto stamattina il ministro leghista – in piena bufera sull’articolo 18. Enzo Biagi invitò Sergio Cofferati in trasmissione che fece un comizio contro la riforma dell’articolo 18 e contro di me. Chiesi anche allora una replica in quanto ministro del Welfare e Mazzetti mi rispose, ben tre giorni dopo, che il tema non era più di attualità. Pochi mesi dopo, a marzo – ha concluso Maroni – ammazzarono Marco Biagi…”. Ma per Mazzetti queste dichiarazioni di Maroni sono troppo forti, spinte “da un impeto d’ira”.

Mazzetti è un ‘recidivo’. “Ho avuto una decina di provvedimenti disciplinari a partire dall’ ‘editto bulgaro’ – racconta – Gli ultimi procedimenti mi hanno portato a una sospensione di 20 giorni, ma io ho sempre continuato a difendere una certa produzione e il buon nome della Rai dalla conquista dei partiti”. L’ultimo provvedimento che gli è arrivato è la sospensione di otto giorni per “colpa” della sua rubrica su il Fatto, “Onda su Onda”.

“Reputo serio il rischio del licenziamento – dichiara – Non voglio portare l’azienda davanti al giudice perché alla Rai devo tutto e per me sarebbe un fortissimo dispiacere. Ho un grande senso di rispetto verso l’istituzione Rai, un’azienda fatta da lavoratori straordinari che hanno dimostrato di cosa sono capaci con ‘Vieni via con me’”.
“Il mio obiettivo è uno solo, conclude: rendere l’azienda indipendente dai partiti”.

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