La Direzione generale della Rai ha detto no alla presenza di Fini e Bersani a “Vieni via con me”. Prima di perderci nelle consuete polemiche tra fazioni, è bene far emergere due verità che non troveranno spazio tra i tanti commenti. La prima: ancora una volta, le regole vengono chiamate in causa ad uso e consumo di parte. Marano e Masi, infatti, fanno appello ad un regolamento che effettivamente esiste ma che per primi violano costantemente.

L’Atto di indirizzo sul pluralismo che la Commissione parlamentare di vigilanza ha adottato l’11 marzo del 2003 limita la presenza di politici nelle trasmissioni di intrattenimento. Lo stesso Atto, però, vieta anche la presenza nei programmi della Rai dei suoi dirigenti. Eppure Masi non ha avuto problemi ad essere protagonista delle puntate di Porta a Porta e Ultima Parola, dove peraltro attaccava il suo dipendente Michele Santoro.

Il Direttore Generale usa le regole che non rispetta per ostacolare gli avversari dei suoi referenti politici. Lo può fare perché da parte “progressista” continua la storica indifferenza rispetto al valore della legge. Anziché vietare, Masi dovrebbe utilizzare lo straordinario spazio di ascolto del programma di Fazio e Saviano per estendere gli inviti e restituire agli italiani quell’informazione completa, imparziale e aperta alle diverse forze politiche che la Rai strutturalmente nega. Se c’è una battaglia da fare, non è quella di consentire a furor di popolo la deroga alle norme, bensì costringere Masi ad aprire la finestra informativa.

La seconda verità è questa: oggi, il nodo centrale per assicurare il principio del conoscere per deliberare sono gli ascolti effettivamente garantiti ai temi e ai leader politici. Se la presenza a “Vieni via con me” di Fini e Bersani, come ieri di Vendola, sta assumendo un valore strategico,  è perché quel programma, con le sue punte di 8 milioni di ascolti, è uno dei pochi “Colossei” attraverso i quali le idee possono circolare ed essere conosciute dai cittadini. Un evento, come negli ultimi anni solo gli appuntamenti televisivi con Adriano Celentano sono stati, così irripetibile da far gola a tanti.

Negli anni ‘70 e ’80, gli spazi di comunicazione politica, persino le Tribune politiche, erano visti anche da 15 milioni di spettatori. Questo permetteva alle forze minoritarie, pur con poche presenze, di parlare al Paese e ai cittadini di poter sapere. Oggi, invece, chi non ha accesso ai principali telegiornali o a programmi come Annozero e Ballarò, parla se va bene a 500 mila, 1 milione di persone.

Sino a quando non si prenderà atto di questo e non si interverrà per garantire agli italiani effettive possibilità di conoscenza, ci ritroveremo sempre con protagonisti e antagonisti di regime, imposti a suon di ascolti. Si chiamino Berlusconi, La Russa, Maroni, D’Alema, Rutelli, Bertinotti, Di Pietro o Vendola.

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