Domenico Auricchio sindaco di Terzigno

“Assassini, vigliacchi”. E’ finita quasi in rissa, con i rappresentanti dei comitati civici e delle “mamme vulcaniche” dei comuni del parco del Vesuvio a gridare contro i sindaci, la conferenza stampa di presentazione delle recenti analisi delle falde acquifere sottostanti Cava Sari (clicca qui per leggere il documento). La discarica di rifiuti a Terzigno è motivo di una protesta di piazza che prosegue da settimane nonostante i proclami e le rassicurazioni del governo Berlusconi e il calo di attenzione dei mass media. Questa mattina, a Ottaviano, è andata in scena una nuova ribellione, davanti agli impietriti sindaci protetti da un cordone di collaboratori e di forze dell’ordine. Una tensione evidente, tanto che alla fine il primo cittadino di Terzigno, il pidiellino Domenico Auricchio, da un muretto del giardino del Castello Mediceo (che un tempo appartenne al boss della camorra Raffaele Cutolo) ha urlato: “Sono stato minacciato, prenderò i miei provvedimenti”.

Dopo questo faccia a faccia, bisogna quindi prendere atto di una profonda divisione tra sindaci e cittadini, che fino a poche settimane fa marciavano compatti contro le discariche e contro il governo. I rappresentanti dei comitati di lotta non ritengono affatto tranquillizzanti i dati prodotti dall’Arpac e spiegati dai tecnici delle amministrazioni comunali: la conferma di un avvenuto inquinamento delle falde acquifere, già peraltro certificato dalle analisi Arpac dell’anno scorso. I sindaci, invece, sono rimasti muti prima, durante e dopo la conferenza stampa (un errore, però, definirla tale: nel caos nessun giornalista è riuscito a porre domande). Ma, senza autorizzare virgolettati, i primi cittadini hanno fatto capire che la discarica deve restare aperta, altrimenti non c’è rimedio per togliere i rifiuti dalle strade. E che l’accordo in tal senso con il governo Berlusconi resta valido, anche perché secondo loro il responso dei rilievi è compatibile con il prosieguo dell’attività dello sversatoio. Solo il sindaco di Boscoreale, l’azzurro Gennaro Langella, ha accettato di dire qualcosa quando è stato circondato dalle telecamere delle tv locali: “I dati possono essere letti in modi diversi e ognuno può trovarci quel che vuole. L’inquinamento delle falde è appurato, ma preesisteva alla discarica e anche i nostri consulenti, quelli che abbiamo nominato noi sindaci proprio perché abbiamo sempre avuto intenzione di fare chiarezza, hanno specificato che non è possibile al momento metterlo in correlazione con la presenza della discarica. Per il resto, queste analisi andranno in Procura affinché anche i magistrati facciano le loro valutazioni”.

Ma come sono questi dati? Nella sostanza vengono confermate le anticipazioni de ilfattoquotidiano.it: valori fuori norma di zinco, nichel, alluminio, manganese, ferro. “I dati evidenziano una contaminazione della falda acquifera profonda” si legge nella relazione di Michele Moscariello, consulente del Comune di Boscoreale che ha affiancato i tecnici Arpac nelle operazioni di prelievo. Ma in assenza di notizie e analisi precedenti all’apertura di Cava Sari non è possibile “formulare ipotesi precise sulla fonte della sua contaminazione”. Di qui la necessità di approfondire il lavoro. Ma Moscariello punta il dito sull’inerzia dell’Asìa, la municipalizzata di Napoli che gestisce la discarica, e citando i risultati di precedenti allarmanti analisi dell’Arpac e della stessa Asìa, afferma: “Nonostante questi risultati abbiano puntualmente evidenziato il superamento delle Csc di molti parametri e tra questi, quelli di metalli pericolosi e di sostanze fortemente cancerogene, appare grave ed incomprensibile che non siano state adottate dall’Asìa e dagli organi preposti al controllo tutte le procedure operative previste dall’articolo 242 del decreto legislativo 152/2006”. E’ l’articolo della legge sull’ambiente che fissa una serie di attività e di controllo per situazioni di rischio. Insomma, in parole povere, i consulenti dei comuni dicono che qualcuno doveva muoversi prima e non aspettare l’emergenza rifiuti e le proteste di popolo per iniziare a mettere in sicurezza la discarica.

Ad inferocire il popolo dei comitati non è solo il contenuto della relazione, ma le riflessioni extra documentali degli esperti che hanno parlato a microfono acceso. Il professor Gianbattista De Medici, geologo consulente del comune di Terzigno, ha detto che era difficile trovare un luogo meno adatto di Cava Sari per farci una discarica: “Questo era un territorio già fortemente compromesso dal punto di vista ambientale”. De Medici ha ricordato di aver consegnato al commissariato di governo uno studio dove indicava tutte le alternative possibili agli sversatoi individuati. Ma quello studio è rimasto in un cassetto. “C’è un estremo pressapochismo di fondo, ma è normale se si aspetta l’emergenza prima di agire e bisogna trovare una discarica in dieci giorni per togliere i rifiuti dalla strada”. Tutti i tecnici concordano su un punto: Cava Sari ha gravi disfunzioni gestionali e progettuali, l’impianto di trattamento del biogas non è adeguato perché era calibrato su un conferimento inferiore alle 1000 tonnellate di rifiuti al giorno e invece ha dovuto affrontare periodi con oltre 2000 tonnellate quotidiane (questa sarebbe la causa della puzza che affligge i comuni sottostanti), e anche l’impianto di trattamento del percolato è al limite. Parole che hanno avuto l’effetto di benzina sul fuoco della rabbia dei cittadini, delusi e insoddisfatti dell’intesa tra Berlusconi e i sindaci con la quale è stata barattata la cancellazione di Cava Vitiello in cambio di garanzie sull’utilizzo di Cava Sari fino ad esaurimento. E da stasera torneranno ad intensificarsi le azioni di protesta: alle 20 assemblea pubblica in piazza Pace a Boscoreale, si punta a tornare a riempire la rotonda di Terzigno come durante i giorni caldi della contestazione. Con tanto di blocco dei camion. “Perché avete accettato un patto che ci porta alla morte, perché?” gridava una signora bionda con la maglietta delle “mamme vulcaniche”. Nessuno tra i tanti sindaci presenti se l’è sentita di rispondere.

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