Si definiva un intellettuale. Lo scrisse anche nel 1974, quando il suo celebre “Io so” sul Corriere, divenne il j’accuse italiano, avendo messo a nudo i segreti di una stagione nera della storia d’Italia.

È probabilmente questo uno dei maggiori meriti di Pier Paolo Pasolini: la capacità di schierarsi, individualmente. Un giudizio netto, questo Pasolini desiderava dagli italiani e si doleva che non riuscissero a esprimerlo. Lui ne era capace e chi lo leggeva ne apprezzava la coerenza intellettuale, il coraggio di affermare le sue idee anche se diverse dal sentimento comune.

Forse è ora di chiedersi se su quel giornale, su cui Pasolini scriveva, ci siano ancora intellettuali degni di questo nome, o, almeno, se c’è qualcuno (oltre le lodevoli eccezioni che conosciamo) disposto a schierarsi, se c’è qualcuno che con la penna colpisce davvero e non si limita ad accarezzare, ora a destra, ora a sinistra. Non si pretende che gli editorialisti del Corriere siano come Pasolini, ma essere costretti ad osservare che ogni lunedi un cultore dell’ovvio come Francesco Alberoni (“Sono convinto che l’Italia si riprenderà…”) possa esibire delle banalità spacciate per illuminanti spaccati di sociologia o dover leggere degli editoriali (Pigi Battista per fare un nome, non me ne vogliano gli altri non citati) che hanno la sola peculiarità di essere equilibrati per non scontentare nessuno è, passatemi il termine, deprimente.

A trentacinque anni dalla sua morte, si sente eccome la mancanza di Pasolini. Oggi, che il fascismo come normalità di cui parlava nel ’62 è forte più che mai, oggi, che l’elenco morale dei reati commessi da coloro che ci hanno governato si è allungato, fino a non permetterci di ricordarne alcuni, presi come siamo dalle nuove voci che si susseguono nella lista interminabile, oggi, che alzare la propria puerile voce ha forse ancor meno senso di quando Pasolini scriveva e pensava. Oggi, Pasolini starebbe dalla parte dei vinti, perderebbe ancora, in eterna opposizione con il potere. Lo diceva lui stesso: “Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù”.

P.S. Un grazie a Francesco Lucianò per il video.

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