”Se Fini vuole aprire la crisi venga in Parlamento e si assuma la responsabilità di votare la sfiducia”. Sono queste le parole che Silvio Berlusconi lascia trapelare dalle conversazioni fatte con i suoi fedelissimi dopo il discorso di Gianfranco Fini alla convention di Futuro e Libertà a Perugia. Il premier, inutile dirlo, non ha apprezzato la richiesta di dimissioni. Mentre l’alleato, il leader del Carroccio, Umberto Bossi, gioca di tattica e rispolvera una sua vecchia battuta: “Fini? Per adesso sto dietro il  cespuglio”.

Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, rompe ogni indugio: “Ci sarà presto un’occasione in Parlamento per capire chi sostiene il governo e chi no. Tutto quello che si dice è dibattito – aggiunge – poi, in casi come questo l’importante è quello che avviene in Parlamento”.

“Berlusconi non si dimetta e vada avanti – afferma il ministro per le Infrastrutture Altero Mattioli -. Vedremo in Parlamento se sui provvedimenti concreti il governo sarà bocciato. Il premier non ha alcuna intenzione di aprire una crisi al buio che avrebbe risvolti davvero drammatici per il Paese. Sta di fatto che non è pensabile ci possa essere un altro governo senza la guida di Berlusconi che è stato designato largamente dagli elettori”.

”Le dimissioni che sarebbero necessarie sono quelle di chi, come Gianfranco Fini, usa la terza carica dello Stato per condurre una battaglia di fazione e contraria alla volontà popolare”, rincalza il portavoce del Pdl Daniele Capezzone. La sua è un’idea che trova d’accordo il leader de La Destra Francesco Storace. “E questo sarebbe il ‘futuro’ di cui parlano i finiani? – si chiede il portavoce del Pdl – Roba da preistoria della Prima repubblica”, conclude. “Una strategia di ricatto che evoca le stagioni più buie della Prima Repubblica”, concorda Osvaldo Napoli: “Chi oggi chiede le dimissioni, se ancora avesse un briciolo di dignità politica, dovrebbe dimettersi per la dignità del Paese”

Dopo gli iniziali apprezzamenti alle parole di Fini, i politici del centrosinistra hanno invece espresso dubbi. Per Pierluigi Bersani, leader del Pd, Fini e Berlusconi giocano a “uno stucchevole gioco del cerino”, che sta velocizzando la crisi in corso. Anche se non immagina “un Gianfranco Fini che possa insieme a noi disegnare un’alternativa al centrodestra”,  Bersani spiega che ”siamo pronti a fare legge elettorale e a difendere la magistratura con chi ci sta”.

“Sarà il solito giochino per addetti ai lavori, un rito da Prima Repubblica”, sostiene Matteo Renzi, sindaco di Firenze impegnato oggi nella chiusura della convention dei “rottamatori”: “Vediamo se è una cosa seria o la solita ammuina. Io credo che Fini, campione mondiale di cambiare idea, tenterà di dimostrare che Berlusconi non è autosufficiente. Giocheranno fino all’ultimo a capire chi dei due rompe, a chi rimane con in mano il cerino”. Il suo compagno di iniziativa, Giuseppe Civati, afferma che “non va bene la rottamazione ma neppure l’usato poco sicuro di Fini che è passato da Almirante a Berlusconi”.

“Siamo di fronte a una battaglia per la leadership figlia di una rivalità personale col premier – dice l’eurodeputato Idv Luigi De Magistris -, timorosa del voto e quindi schiava di tatticismi tipici della Prima Repubblica. Da mesi Fini e Berlusconi stanno lasciando morire il Paese nello stagno della crisi, giocando al gatto e al topo per evitare la responsabilità di riportare l’Italia alle urne, di cui temono l’esito. Ma il voto, quanto prima possibile, è l’unico obiettivo e l’unica speranza a cui l’opposizione unita deve lavorare”.

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