Partita in sordina a inizio estate, la sfida per le primarie di coalizione del centrosinistra a Milano è riuscita a conquistarsi l’attenzione dei milanesi. Quella società civile, considerata distante dalle urne e dai partiti, si è lasciata coinvolgere dalle vere e proprie campagne elettorali dei quattro aspiranti candidati sindaci a sfidare Letizia Moratti a Palazzo Marino. Stefano Boeri, Giuliano Pisapia, Valerio Onida e Michele Sacerdoti hanno girato in lungo e in largo la città. Tra mercati e incontri con i cittadini, nei teatri e nei circoli. Complessivamente, nelle ultime due settimane, ci sono stati circa ottocento incontri che arriveranno a sfiorare i mille prima del voto: domenica 14 novembre.

“Voglio essere il catalizzatore delle energie straordinarie di Milano. Forze che in questa città non riescono a trovare lo spazio che meritano. Dai quartieri alle istituzioni”. Così Stefano Boeri motiva la sua candidatura alle primarie del centrosinistra per la corsa a Palazzo Marino. Architetto e urbanista, Boeri ha lavorato nei principali progetti urbanistici che coinvolgono la metropoli. Un’attività che secondo lui gli ha consentito di maturare delle competenze maggiori sulle problematiche della città rispetto agli altri candidati. “Da architetto ho visto da vicino alcune vicende importanti e ho toccato con mano il livello infimo della politica che governa Milano”.
Boeri in qualità di consulente della società Expo, quella che sta progettando l’esposizione universale del 2015, ha potuto lavorare gomito a gomito con la giunta e con i vertici della politica cittadina e lombarda. “E tutte queste conoscenze non hanno fatto altro che rafforzare il mio giudizio negativo. La giunta si è contraddetta su tutto, dalla scuola, alle politiche per la famiglia alle battaglie strumentali sulla sicurezza. Il risultato, ad esempio su questo ultimo punto è che ci sono interi quartieri in mano alla criminalità organizzata”.
Boeri non arretra di un millimetro neanche quando gli si fa notare che nel corso della sua attività ha lavorato con personaggi a dir poco discutibili, fuori e dentro Milano. Dai progetti del G 8 alla Maddalena ai terreni dell’immobiliarista Salvatore Ligresti. “Ho lavorato al progetto di Umberto Veronesi di un nuovo ospedale. Una buona idea di cui vado fiero. E quando le idee sono buone, queste vincono anche se sono realizzate sui terreni di un imprenditore discutibile come Ligresti”.
A tutti coloro che gli fanno notare questo genere di frequentazioni, Boeri risponde sicuro: “Sono polemiche sterili di una sinistra rancorosa”. Ciò che interessa all’architetto è il progetto sul futuro della metropoli che sta costruendo assieme ad alcuni pezzi del Pd. “Vogliamo aprire la città ai giovani, ripensare radicalmente le politiche della mobilità e fare di Milano il faro della sfida ecologica nazionale”. Progetti ambiziosi che Boeri contribuirà a portare avanti anche se non dovesse vincere le primarie, nonostante sia il favorito. “Nel caso non vinca ho già dato la mia disponibilità a collaborare con l’eventuale vincitore e a condividere progetti e competenze”.

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“Milano sta morendo”. Il motivo della scelta di Giuliano Pisapia di candidarsi alle primarie sta tutto in questa premessa: “Gli indicatori Ocse dicono che siamo agli ultimi posti nelle classifiche europee: Milano era la città dell’accoglienza, ora è caratterizzata da egoismo ed esclusione. Qui si trovava lavoro, ora non c’è più sviluppo. E nemmeno luoghi di aggregazione”. La responsabilità di questa decadenza, secondo Pisapia, va cercata nei vent’anni di governo del centrodestra. Ma fino all’esito delle primarie del 14 novembre, la rivalità, più che sull’asse Pdl-Lega, si concentra sugli altri competitor della corsa tutta interna alla coalizione. E allora che cosa differenzia Pisapia da Stefano Boeri? “Le differenze – risponde – sono evidenti. Basta guardare ciò che si è fatto in questi decenni. Io ho sempre partecipato alla vita politica della città. Sono sempre stato presente accanto a tanti che si sono battuti per temi e valori che dovrebbero essere di tutti”. Perché allora il Partito democratico ha scelto di sostenere Boeri? E’ corretta questa presa di posizione? La risposta evita frizioni dirette con il Pd, ma non risparmia una stoccata: “Ogni partito ha diritto di dare le proprie indicazioni. Quando però si elimina la par condicio, rifiutando di fornire gli elenchi di nomi dei potenziali votanti, si rischia di falsare la corsa. Su questo sono d’accordo con Onida. Non lo appoggio, invece, quando dice che i partiti non dovrebbero prendere posizione”. La parola d’ordine di Pisapia è partecipazione: “I cittadini non devono più essere dei sudditi”. Quando si parla di trasparenza, però, non si può non parlare degli interessi mafiosi sugli appalti, specialmente in questi anni che precedono l’evento-Expo. “Si può fare qualcosa di concreto, ma forse per Expo siamo già in ritardo. Fondamentale è la ricostituzione di una vera commissione antimafia. Ma a condizione che abbia reali poteri di controllo e verifica su appalti e subappalti”. Se Pisapia diventasse sindaco di Milano, avanzerebbe due proposte: microcredito garantito dal comune ai giovani per favorire l’occupazione. E poi i diritti civili. “Su questo tema – conclude Pisapia – la città si è sempre mostrata all’avanguardia: è ora di costituire un registro delle unioni di fatto, per dare diritti a chi non vuole o non può contrarre matrimonio”.

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Valerio Onida, già presidente della Corte costituzionale, si è candidato “a sorpresa”. A 74 anni debutta nella politica che conta. Non è un po’ tardi? “In realtà questo non è un debutto, né tantomeno l’inizio di un percorso. Ad esempio, nel ’95, sono stato referente milanese dell’Ulivo di Prodi”. Onida è entrato in punta di piedi nella competizione, ma finora la polemica più dura è nata proprio da lui, che qualche settimana fa ha addirittura minacciato di sfilarsi dalla corsa: “Le primarie si stanno rivelando qualcosa di diverso da quello che avrebbero dovuto essere. I partiti dovrebbero attendere la parola degli elettori. Invece hanno puntato sui candidati preventivamente scelti. Io lo dico con chiarezza, so dovessi perdere non mi metterò a disposizione degli altri candidati”. Lo slogan della campagna di Onida (appoggiato da personalità come Umberto Ambrosoli e Benedetta Tobagi), è “far funzionare Milano senza interessi di parte. Io so come si fa”. Come si fa, dunque? “Oggi nella debolezza della politica gli interessi forti fanno quello che vogliono. In democrazia si fanno scelte, anche intransigenti, ma non bisogna mettersi al servizio di specifici interessi o gruppi opachi di potere” Quello tra mafia e politica, secondo Onida, non è un legame che può essere delegato alla magistratura: “Rendere immune il Comune dalle infiltrazioni è compito di chi amministra”. Se il costituzionalista Onida fosse già il sindaco di Milano, come regolerebbe la questione ecopass? “Ecopass non funziona. La mia proposta alternativa è la creazione di una congestion charge per scoraggiare l’uso del veicolo privato e favorire una mobilità sostenibile”. Un altro tema caldo che accende il dibattito a Milano è la mancanza di un edificio di culto per i musulmani. “L’opportunità o meno di costruire una moschea non deve essere una decisione politica di un ente pubblico. Ma il bisogno di un edificio di culto di chi è? Dei fedeli, dei cittadini, delle comunità religiose. E’ un diritto sancito dalla Costituzione, l’amministrazione comunale deve prenderne atto. Non lo può negare”.

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Michele Sacerdoti, il candidato ambientalista, è il vero outsider delle primarie del centrosinistra per le elezioni al Comune di Milano. Dieci anni come consigliere per i Verdi al consiglio di zona 3 della città e altrettanti al fianco dei comitati cittadini che si sono battuti contro i grandi progetti immobiliari del capoluogo lombardo, da Porta Nuova alle Varesine fino a City Life. Rispetto agli atri tre candidati, Sacerdoti rivendica un’esperienza costruita negli anni sui temi dell’ambiente e dell’urbanistica. “Onida è un costituzionalista, Pisapia è un avvocato e Boeri un architetto che per giunta mi sono trovato spesso come controparte in alcuni progetti immobiliari”.
Secondo il candidato, il vero problema è che a Milano i veri padroni sono gli immobiliaristi. “Ligresti a suo tempo, poi Pirelli Real Estate e adesso Manfredi e Catella del gruppo Hines”.
E’ anche per questo che, nel corso della campagna per le primarie, Sacerdoti si è ritagliato il ruolo di “anti Boeri”. Secondo lui, l’architetto non è adatto a ricoprire la carica di primo cittadino perché non ha la necessaria indipendenza e la capacità di trattativa con quei poteri che “dagli anni 80 comandano a Milano”. E cioè la lobby del mattone. Una voce che, come dimostrano le inchieste della magistratura, spesso è infiltrata dalla criminalità organizzata. “Bisogna aumentare molto i controlli sugli appalti, soprattutto in vista dell’Expò”.
La città ideale di Sacerdoti dovrebbe mettere al primo posto la riscrittura del piano di governo del territorio che possa pianificare un diverso sviluppo urbanistico. Al secondo punto c’è il traffico: “Milano deve investire in mezzi pubblici e mobilità sostenibile”. Il tallone d’Achille del capoluogo lombardo sono le 800mila macchine che ogni giorno arrivano in città dall’hinterland, per questo “bisogna allungare le linee metropolitane e prevedere dei parcheggi di corrispondenza in prossimità dei capolinea”.

Quando gli si chiede cosa farà una volta perse le primarie e se collaborerà con il vincitore, Sacerdoti non ci sta. “Sostengo che posso vincere. Grazie alla mia campagna aggressiva porterò via voti agli altri candidati. Anzi so che qualcuno è già molto preoccupato”. Insomma, se l’ambientalista riuscirà a fare percepire la sua candidatura come realmente alternativa, il centrosinistra meneghino potrebbe anche dare fiducia alle sue battaglie. E anche se non vincerà, può fare male al suo competitor diretto, Stefano Boeri.

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A cura di Simone Ceriotti, Lorenzo Galeazzi e Davide Vecchi


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