Tutto quanto fa spettacolo. E tutto quanto serve ad allontanare l’attenzione da ciò che non fanno e dai danni che fanno.

Un po’ di storia. Il 21 gennaio 1921 Amedeo Bordiga e Antonio Gramsci fondano – a Livorno, presso il teatro San Marco, oggi abbandonato – il Partito Comunista d’Italia. Il 21 gennaio scorso, lungo quel muro e su quel portone ormai in disuso, sono state poste bandiere rosse per commemorare un evento di indubbia importanza storica. Il muro esterno del teatro è contiguo oggi ad un asilo. Ed ecco l’inflessibile comunicato del nostro ministro: «Il ministero rende noto che è stata ordinata un’ispezione nella scuola dell’infanzia San Marco di Livorno. Il provvedimento si è reso indispensabile per verificare la notizia [resa pubblica da “Il Giornale”, ndr] secondo cui sarebbe presente nell’istituto una bandiera del Partito dei Comunisti Italiani». «La scuola è un’istituzione pubblica – si legge ancora nella nota – che deve garantire a tutti un’educazione imparziale ed autonoma rispetto a qualsiasi orientamento politico».

È vero: la storia – e non solo – non deve essere uno dei cavalli di battaglia della signora di Leno; basta fare un rapido giro in Rete per rendersi conto (da commenti di ex compagni ed insegnanti e dal cursus honorum) che lo studio non deve essere stato il suo forte. E, d’altro canto, come non approfittare della succulenta opportunità di pareggiare – almeno formalmente – il “caso Adro”, sulla cui scuola fanno ancora bella mostra di sé i simboli della Lega? È proprio qui, dalla dabbenaggine di questo goffo tentativo, che si avverte la distanza abissale tra la Politica (quella che comportava passione, sacrificio, idealità, rischio personale, militanza) e questa politichetta da 4 soldi, da azzeccagarbugli, affidata ad individui privi di carisma e di cultura, istituzionale e non, privi persino del pudore e della cautela che chiunque, di semplice buon senso, userebbe nel maneggiare certi principi e luoghi fondanti della democrazia. Bene ha fatto il sindaco di Livorno, Alessandro Cosimi, a sottolineare che l’unica cosa rossa che vede sono i conti della scuola. E aggiunge: “Mi viene da ridere. Il Pci nacque in quell’edificio, ma il muro su cui sono affisse le lapidi – e su cui alcuni militanti ogni anno mettono una bandiera – non ha nulla a che vedere con la scuola: l’ingresso all’istituto è dall’altra parte. Il centrodestra, dopo il caso Adro, vuole rifarsi una verginità. Ma stavolta hanno sbagliato indirizzo”.

Visto che il ministro ha tempo da perdere e ispettori da mandare in giro, esistono una serie di attività in cui potrebbe utilmente convogliare il suo zelo iconoclasta a senso unico. Cosa ne dice, ad esempio, di dire stop una volta per tutte all’odiosa abitudine di intitolare a pericolosi dissidenti – tutti in “odor di politica” – le scuole italiane? Ecco una preziosa lista, appena abbozzata. Con una ricerca più attenta, potrà individuare una maggiore quantità di epurandi. Ce n’è per tutti i gusti, a cominciare da personaggi eversivi della peggiore specie (Gramsci, Luxemburg, Pertini, Berlinguer, Martin Luther King, Lorenzo Milani, Piero Gobetti, Lucio Lombardo Radice, Gandhi, Norberto Bobbio, Ferruccio Parri, Piero Calamandrei, Bruno Ciari, Gianni Rodari, don Pietro Pappagallo, Kennedy, per non parlare di Mazzini, Garibaldi, Salvemini e – addirittura – Giordano Bruno). Per finire, perché no, ai martiri e caduti (Martiri della Libertà, Martiri del Martinetto, Martiri di Sant’Anna di Stazzema, di Marzabotto, della Liberazione): in questo sano clima di revisionismo che stiamo vivendo, come non ricordare che anche quelli, in buona parte, facevano politica?

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